Durante la pandemia da Covid-19 si è rinnovata la centralità sociale del cibo con l'aumento della spesa alimentare domestica del +2,3% reale e il decollo verticale di alcuni prodotti tipici del mangiare in casa con il +12% della pasta, +16% del riso e poi +16,2% della birra, +9,3% dei vini, +11,1% della frutta, +12,2% degli ortaggi. Inoltre, vi è stato il boom degli acquisti presso i riscoperti negozi tradizionali di prossimità con +31% delle vendite. Di fatto, per il 47,4% degli italiani il cibo è stato un formidabile alleato per garantire il proprio benessere psicofisico. E' quanto emerge dal secondo numero dell'Osservatorio sul mondo agricolo, "L'agricoltura nella seconda ondata, tra resistenza e rilancio", presentato da Fondazione Enpaia (Ente Nazionale di Previdenza per gli Addetti e per gli Impiegati in Agricoltura) e Censis.
Tra le priorità di cui si desidera il ritorno: il poter godere di tante piccole cose del quotidiano (40,9%); viaggiare tanto (25,9%); riparare i danni economici subiti (22,6%); far coesistere vecchie e nuove abitudini assunte in questo periodo, come ad esempio il ricorso al web, lo stare di più in casa (22,4%), realizzare un progetto o un sogno nel cassetto (20,3%) e infine ricostruire aspetti della vecchia vita (29,9%).
La seconda ondata di Covid-19 rende i ristori statuali vitali per tante imprese, nel post-pandemia gli italiani vogliono più finanziamenti per le imprese che fanno meglio delle altre. Così, il 93,7% degli italiani è favorevole a dare aiuti alle imprese agricole che investono in sostenibilità, intesa come tutela dell'ambiente e delle comunità. Il 92,3% dice sì a ridurre le tasse alle imprese per favorire gli investimenti in economia verde e circolare.
Una perdita del 40%: è questo il buco atteso di fatturato della ristorazione a fine anno, tra lockdown e seconda ondata. Una crisi epocale che non finirà automaticamente quando il virus sarà sconfitto, poichè 15,4 milioni di italiani sono convinti che non torneranno a mangiare fuori casa, almeno non subito.
Dai dati emerge che nel primo semestre 2020 il valore aggiunto è sceso del -3,8% reale rispetto al 2019, mentre si registra -18,9% per l'industria e -10% per i servizi. Nel secondo trimestre 2020 in agricoltura si ha -8% di rapporti di lavoro attivati rispetto al 2019 (-31.124 in termini assoluti), sul totale dell'economia invece il calo è stato del -44,5%.
I criteri con cui gli italiani scelgono gli alimenti esprimono i valori che il cibo deve rispettare e, quindi, i requisiti di produzione e distribuzione a cui devono attenersi i soggetti della filiera. Nella spesa alimentare vince la sicurezza degli alimenti (58%), poi la tracciabilità per verificarne la provenienza (40%), il gusto (35%), i contenuti nutrizionali (35%) e, solo dopo, il costo (31%).
La sostenibilità ambientale e delle comunità resta per il 95,5% degli italiani la priorità per il futuro prossimo. Per il 90,6% degli italiani l'agricoltura ne è già oggi il motore e per il 60% ha dato sinora un contributo importante nella lotta al cambiamento climatico. Inoltre, secondo il 93% degli intervistati essa è decisiva per le aree rurali. Del resto, attualmente l'agricoltura consente agli italiani di mangiare sostenibile con prodotti nutrienti e salutari (51%), non trattati con pesticidi (40%), di origine locale (28%), dal prezzo per tutti accessibile (22%), realizzati con metodi e tecniche a basso impatto ambientale (19%). Agricoltura e sostenibilità sono strettamente legate e per gli italiani gli agricoltori (50%) sono il soggetto che più di tutti rende sostenibile il nostro sistema di produzione alimentare, più di industria alimentare (47%), governo nazionale (45%), amministrazioni regionali (35%) e istituzioni europee (31%). (Italpress)