Vi odio musulmani, vi odio tutti quanti

Una frase che sentite sempre più spesso. Una reazione che è diventata comune.

Un basta senza esitazioni. Eppure è proprio questo l'obiettivo dei terroristi. La questione chiave è l'immigrazione. Ma si fa molto poco. E qualche sindaco chiama i suoi concittadini “razzisti”.

di Luciano Trapanese

L'islamofobia cresce in tutta Europa, anche da noi. Non è razzismo, come semplicisticamente esterna il sindaco di Avellino, Paolo Foti, accusando i suoi concittadini. E' paura. L'ondata migratoria, gli attentati, l'ormai perenne crisi economica, sono fattori scatenanti di un disagio profondo. Che sfocia in una insofferenza verso l'altro. Soprattutto se islamico, perché immediatamente associato all'immigrazione epocale, al terrorismo e alla crisi (che ha però cause profondamente diverse).

Quella che l'Isis ha dichiarato è una guerra di religione. E non tra religioni (come ha osservato Antonio Polito sul Corriere della Sera). Una guerra che si combatte prima di tutto all'interno dell'Islam, sunniti contro sciiti. E che ha un obiettivo preciso: innescare una guerra civile all'interno dell'Europa tra cristiani e musulmani.

La cronaca di questi giorni, ma anche i dati della Commissione europea contro il razzismo e l'intolleranza, raccontano esattamente questo: gli atti di violenza e di prevaricazione contro musulmani e moschee stanno dilagando. In Francia e Germania soprattutto. Ma il “sentimento” è forte anche da noi. Sospinto dalla propaganda di partiti e movimenti che giocano con questa paura e la alimentano: immaginano di farne un trampolino di lancio verso la conquista del potere. Ma non offrono nessuna soluzione.

Le organizzazioni politiche che rifiutano questo atteggiamento fanno poco altro. Si limitano a condannare chi soffia sul fuoco, ma non esprimono uno straccio di via d'uscita.

Siamo in un cul de sac, direbbero i francesi. E il «vi odio musulmani, vi odio tutti quanti» del titolo, oltre a parafrasare una celebre canzone di Alberto Fortis dedicata a Roma (chi ha intorno a 50 anni può ricordarla), è in realtà una frase che si sente sempre più spesso. Viene pronunciata senza tentennamenti, anche da chi – fino a ieri – non avrebbe mai immaginato di ficcare in un solo calderone i musulmani tout court con un gruppo di terroristi.

Di questo atteggiamento ve ne sarete accorti. Magari è capitato anche a voi. E dopo i fatti di Nizza avete preso le vostre convinzioni multiculturali, la vostra innata apertura verso l'altro, li avete ammucchiati e chiusi in un cassetto. Non per trasformarvi in un Salvini qualunque, ma per dire semplicemente “basta”.

Non siete diventati razzisti (quella è un'altra storia e può essere declinata in mille modi). E non verso l'altro. Ma verso quello che l'altro può rappresentare: un pericolo per voi, per chi vi sta accanto, per il vostro stile di vita.

Non ci interessa giudicare questo atteggiamento. Che è comprensibile. Ma le sue conseguenze. Dire “basta”, purtroppo, serve a poco. E odiare senza distinzioni tutti i musulmani fa proprio il gioco dei terroristi. Il nodo principale, la chiave di tutto, resta sempre lì, in quella che riteniamo sia la questione più rilevante e difficilmente risolvibile: l'ondata migratoria. Se non si agisce su questo aspetto, la situazione sarà destinata a peggiorare inesorabilmente.

Non sarà semplice. La gestione dei flussi migratori non è stata neppure affrontata dalle istituzioni (in particolare l'Europa e in cascata il governo). Si va avanti alla carlona, sperando che prima o poi (ma come?), tutto torni alla normalità. Nel frattempo cittadini e istituzioni locali devono sbrigarsela da soli. Con tutto quello che ne consegue. Anche che un sindaco, di fronte al “basta” dei suoi concittadini, piuttosto che fermarsi e capire, sbraiti in piazza uno sconcertante: «Siete tutti razzisti».