Ho sempre pensato che per poter valutare ciò che si ascolta, sia importante conoscere la persona che parla e l’argomento del suo dire. Se molti parlano, ma pochi vengono ascoltati, può darsi che sia colpa della confusione mentale di chi parla o della refrattarietà mentale di chi ascolta. La considerazione è stata provocata dall’ articolo sul Corriere della Sera del 22.8.23, dal titolo “Il boom economico cinese è finito”, che inizia con queste parole “La Cina è cresciuta del 5% per 30 anni, assurgendo al rango di superpotenza. D’ora in poi, Pechino farà fatica a mantenere il ritmo”.
Troppo semplicistico e fuorviante. Uno dei primi concetti che l’economia politica insegna è capire il processo che ha portato al risultato che osservi. La storia economica insegna la quasi naturale formazione dei Cicli economici, che possono essere brevi, medi o lunghi. La natura del ciclo economico dipende dagli eventi che hanno determinato il suo inizio.
I più importanti sono quelli provocati dalla Rivoluzione industriale (1771), dal motore a vapore e le Ferrovie (1878), dall’ automobile (1908) e dalle telecomunicazioni (1971). Quando finisce la fase di crescita di un ciclo, incomincia la decrescita, la cui durata e caratteristica dipendono dalla prima fase e da eventuali nuovi avvenimenti geopolitici. Mi sono permesso di richiamare questi concetti, perché noto nella classe politica provinciale una superficialità preoccupante.
L’aumento del peso economico e politico dell’India e di molti Paesi africani, oltre a creare problemi alla Cina, provocherà effetti anche sull’ economia del mondo occidentale e , quindi, dell’Italia. In questa prospettiva, il Meridione deve preoccuparsi e il nostro territorio ancora di più.
Purtroppo, la maggioranza della nostra classe politica dimostra di non aver assorbito insegnamenti dai grandi uomini politici del passato, come Sullo, De Mita, Rossi Doria, De Vito, ecc. e nemmeno dalla grande produzione programmatica dei partiti della prima Repubblica. Il ricordo della partecipazione dell’Irpinia alla elaborazione di progetti programmatici nazionali, durante la Prima Repubblica, fa ritenere infantili quelli che, attualmente, considerano l’ Irpinia solo destinataria di decisioni di De Luca e di bonus Statali. Si procede all’insegna del “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” e del “ Festa, farina e forca”.
In altri tempi, De Luca avrebbe trovato contestatori, non mendicanti. Il Presidente della Provincia, quelli della Comunità Montane, quelli dei Parchi, quelli dei vari Distretti e dei GAL dovevano dar conto ai Partiti, mentre oggi prendono emolumenti per il “dolce far niente” . Anche le Associazioni sindacali e quelle degli artigiani e dei commercianti non rappresentano interlocutori utili per la ricerca di proposte utili a frenare la crisi economica, sociale e civile della nostra società, mentre sono diventare agenzie per fare avere bonus o contributi.
Ci sono casi in cui aiutano ai fregare lo Stato. Finalmente, negli ultimi giorni, sono stato coinvolto per partecipare ad alcuni convegni, aventi ad oggetto lo sviluppo del territorio. La cosa interessante è stato il fatto che queste persone avevano letto i miei articoli pubblicati su Ottopagine. Ciò, mi ha confermato l’utilità degli strumenti di informazione, soprattutto quando richiamano i loro lettori su argomenti vitali per il loro futuro.
Perciò, “fuss’ ca’ fuss’ la volta buona?