Crisi covid, Meritocrazia Campania: «Si apra tavolo confronto»

«Situazione delicata: servono soluzioni condivise»

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Un tavolo di confronto per concertare soluzioni alla fase di crisi che vive la Campania. E' quanto chiede il movimento Meritocrazia Campania: «Aumentano, in Campania come in altre zone d’Italia, i moti di protesta e di “disobbedienza” legati al protrarsi delle chiusure forzate dettate dall’emergenza Covid 19 mentre resta alta l’attenzione per la situazione epidemiologica e sanitaria.

Tralasciando i ritardi sul piano vaccinale e la confusione, anche e non solo in termini di comunicazione, che si sta generando, desideriamo fare una analisi realistica della situazione in corso, cercando, come nel nostro stile, di donare un contributo fattivo al fine di trovare un equo bilanciamento tra le emergenze in atto.

Vi sono, ed è un dato di fatto, categorie e comparti maggiormente colpiti dalle continue chiusure che ormai si protraggono da più di un anno mentre i ristori, assolutamente insufficienti, hanno lenito solo di poco, non poteva essere diversamente vista l’enormità dei cali di fatturato, la carenza di lavoro e la capacità produttiva, restando in piedi i costi fissi che ciascuno dei soggetti coinvolti deve continuare a sostenere.

Più volte, dunque, abbiamo sollecitato dei tavoli di confronto partendo da proposte che volevano essere base e sostegno di un dialogo che sarebbe dovuto sfociare in sintesi costruttiva e condivisa.

Seguire, infatti, strade non sostenibili per un lungo periodo non può far altro che alimentare disagi e accrescere tensione su tensione in un momento storico in cui dovrebbe esserci unità di intenti e condivisioni nelle scelte.

Chiediamo, quindi, nuovamente l’apertura di tavoli a livello regionale con le categorie coinvolte al fine di redigere un piano di contenimento del virus che riesca a contemperare le varie esigenze.

Con regole certe, infatti, controlli idonei, e piani ben definiti continuiamo a credere che una ripresa equilibrata sia possibile.

Ci riferiamo ai mercatali, dimostrato che all’aperto il virus ha capacità di diffusione minima, ai commercianti di abbigliamento e calzature, alle palestre, alle piscine ed alle attività sportive, ai ristoratori, agli artisti, agli operatori turistici ed ai luoghi di cultura.

Le scelte, infatti, non possono essere basate solo sui parametri attualmente in riferimento ma devono essere frutto di analisi profonde con una valutazione costi/benefici reale e non ipotetica.

Restano, dunque, ferme le nostre proposte in termini di pianificazione perché se spostiamo la visuale ci accorgiamo, ad esempio, che il problema non sono i ristoranti ma gli assembramenti, che il problema non sono i mercati in se ma gli spazi, che le attività sportive all’ aperto incidono in maniera irrisoria e che in piscina con i giusti protocolli si potrebbe accedere in sicurezza.

Ci accorgiamo che i problemi sono i trasporti e la scarsa igiene sui mezzi pubblici, affollati e mal distribuiti.

Che i musei e/o i parchi archeologici hanno giusti protocolli di accesso e che i teatri a capienza ridotta e con mascherina potrebbero riaccendere i riflettori.

Ovviamente, poi, occorre senso civico da parte della collettività e anche su questo crediamo che una giusta comunicazione ed informazione, non basata sul terrorismo psicologico ma sullo spiegare la situazione reale, possa contribuire non poco a disegnare una “nuova normalità”».