di Simonetta Ieppariello
Una ricetta per crescere. «L’Italia ha perso vent'anni, ora bisogna aumentare la produttività per far crescere i salari e bisogna tagliare il cuneo fiscale - in primis per i giovani - per stimolare le assunzioni e in prospettiva rilanciare il lavoro per tutti». Parola di Vincenzo Boccia. Leader degli Industriali Italiani.
I dati parlano chiaro: dal 2000 ad oggi il pil è rimasto invariato in Italia. Il reddito bloccato ai livelli del 1998.
Bisogna tassare meno sulla produttività. Un percorso obbligato da seguire per invertire davvero la rotta, in Italia. Spiega Boccia.
Il presidente di Confindustria ha chiesto dall'assemblea annuale di "concentrare le risorse disponibili" su questo.
«La ripartenza è lenta con una crescita al ritmo dell'1 per cento torneremo ai livelli pre-crisi solo nel 2023. Insomma, analizzando i dati il Pil anche per quest’anno è fermo al 6% ed è dunque inferiore a quello del 2007».
Una forbice che non crea la differenza, la ripresa, al contrario di quello che accade negli altri Paesi europei..
Secondo anno di guida di Confindustria per Boccia che tira la linea e traccia il percorso da seguire per uscire dal baratro dei numeri neri della crisi.
Una cosa è certa serve unità d’intenti, strategie condivise e un patto di scopo per la crescita.
Obiettivi da realizzare, insieme. Oltre ogni particolarismo di genere e categoria. Imprese, sindacati, politici e amministratori governativi dovranno lavorare in concreta sinergia.
Strumenti per ridare slancio agli investimenti pubblici, azioni in aiuto dei giovani a trovare lavoro. Ovvia la strada da intraprendere che passe, obbligatoriamente, per l’azzeramento del cuneo fiscale e contributivo per i primi tre anni di assunzione dei giovani; da detassare i premi di produttività.
Solo così l’Italia può essere una delle grandi potenze industriali. Dati alla mano il presidente Boccia parla di un’occasione persa lunga due decenni, con il pil invariato dal 2000.
Eppure l’export procede a gonfie vele per una Italia che si piazza al settimo posto nel mondo per il comparto manifatturiero.
Progresso culturale e civile non può che andare di pari passo con quella per lo sviluppo economico, secondo il numero uno degli industriali.
Eccolo il chiaro e lo scuro di un paese in cui c’è l’export che vola ma in cui vivono 4 milioni e mezzo di poveri, tra cui troppi giovani restano senza lavoro e occasione e poi quel fardello del debito pubblico che - soprattutto in vista dell'uscita dal massiccio programma di acquisto di titoli sovrani da parte della Bce e del rialzo dei tassi - andrebbe ridotto «rapidamente.
Come? Attraverso un piano invasivo di dismissioni di immobili pubblici e attraverso la soluzione concreta della questione bancaria.
Resta sullo sfondo il tema dell’inclusione dei migranti.
C'è il rischio di soluzioni affrettate, pasticciate e populistiche (nel senso peggiore del terimine), come le tentazioni protezionistiche, che imporrebbero uno stop alla libertà di scambi e inutili nazionalismi che rischiano di limitare ulteriormente un’economia libera e florida di interscambio.
Ma la politica deve fare la sua parte. Periodi di stallo.
Non mancano, nelle parole di Boccia, preoccupazioni più squisitamente politiche, a partire dallo stallo dovuto a «un lungo periodo elettorale». Boccia ricorda la «vocazione maggioritaria» di Confindustria e avverte: «Assecondare la tentazione proporzionalista potrebbe rivelarsi fatale per l'Italia. Comincerebbe una nuova stagione di immobilismo».