La storia della Repubblica Italiana è un susseguirsi di questioni irrisolte, un continuo attacco alla democrazia fatto da poteri tutt’altro che occulti, un lungo attentato alla libertà e alla stabilità che gli italiani con caparbietà hanno combattuto.
Era il 2 agosto del 1980, alle 10:25, nella sala d’attesa della secondo classe della stazione di Bologna, un ordigno esplosivo sistemato in una valigia esplode, causando il crollo dell’ala Ovest dell’intero edificio.
85 morti, più di 200 feriti, è l’attentato più grave compiuto nell’Italia repubblicana, è l’ennesimo tassello della strategia della tensione è la strage di Bologna. Come per l’Italicus, piazza Fontana, Piazza della Loggia da subito partiranno i depistaggi che mostreranno con chiarezza un piano organizzato e la partecipazione di pezzo dello Stato. Dopo anni di processi, nel 1995, saranno identificati gli esecutori materiali in Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, membri di Nuclei Armati Rivoluzionari, una formazione terroristica della galassia dell’eversione nera. Nel 2007 si aggiunse Luigi Ciavardini ancora minorenne all’epoca dei fatti e nel 2020 Gilberto Cavallini. Sentenze che se individuano gli esecutori materiali, lasciano un vuoto enorme nell’identificazione dei mandanti.
85 morti, tra cui la più piccola Angela Fesu di soli 3 anni, in stazione con la mamma Maria della quale no si troverà neanche un lembo di corpo, fu disintegrata dalla bomba. 85 morti che ancora chiedono giustizia da uno Stato che invece lascia scorrere il sangue dei suoi cittadini. 85 morti come pedine di un gioco che ancora non è chiaro e che mostra quanto fragile sia ancora oggi al nostra democrazia.
Sono passati 40 anni dalla strage di Bologna ma le parole con cui il sindaco di Bologna di allora, Renato Zangheri, salutò le bare ai funerali di Stato, pesano ancora oggi sulle spalle di un popolo incapace di fare i conti con la sua storia.
Signor Presidente della Repubblica, torniamo su questa piazza dove di fronte ad altri morti avevamo detto che la strage dell'Italicus non avrebbe mai dovuto ripetersi.
Se si è ripetuta, nonostante la lotta e la volontà democratica del nostro popolo, e in misura più grande e se possibile più atroce, questo è motivo per noi di amarezza e dolore più cocente.
Piangiamo le vittime di un delitto la cui infamia non sarà mai più cancellata dalla coscienza del nostro popolo e dalla storia.
Inviamo ai feriti il nostro augurio, ma sappiamo il tormento e l'angoscioso futuro di numerosi fra loro.
Alle famiglie esprimiamo la nostra solidarietà, sebbene un dolore come questo, di chi ha visto la morte dei propri congiunti più cari e di chi attende ancora l'esito di ricerche strazianti, come non ha ragione nell'ordine delle cose umane cosi non trova consolazione.
Duro è parlare oggi e riunirci in questa terribile circostanza, e si può essere colti da una rabbia desolata, perché non si vede per quale via possa farsi giustizia, una giustizia piena e finalmente rapida; e dunque può sopravvenire la sensazione dell'impotenza, la perdita della speranza.
Ma non è questo l'obiettivo degli istigatori e degli esecutori del crimine?
Eccoci di nuovo a interrogarci sulla barbarie, se abbia una logica, un filo conduttore, uno scopo percepibile.
Che cosa si è voluto? Seminare il panico, indebolire le difese della Repubblica, fino a soffocarla? Spostare l'asse politico su posizioni di cieca conservazione? O suscitare una reazione violenta, per poi, dopo averla provocata, preparare le condizioni della repressione? In queste ore di lutto non possiamo evitare le domande, lo sforzo di capire, se non vogliamo che l'angoscia si muti in disperazione.
È necessario capire la logica del delitto per combatterlo.
Non si dica che la reazione popolare essendo stata forte e ordinata, ha subito dissolto il disegno della provocazione, e che questo doveva essere previsto dagli assassini.
Costoro non conoscono e non prevedono la forza e la maturità del popolo.
L'hanno dimostrato a Milano, a Brescia, e per due volte a Bologna.
Non si dica che gli attentati sono allora opera solitaria di un gruppo di folli.
Lo stesso copione che ha portato alla strage del 2 agosto è stato provato sull'Italicus.
La stessa città, lo stesso nodo ferroviario, gli stessi giorni delle vacanze, quando i treni e le stazioni sono affollati dalla gente che parte, forse lo stesso proposito di recitare il crimine anche sul corpo di viaggiatori stranieri, e quindi di dimostrare ad altri popoli e governi la debolezza della nostra democrazia e forse, mi inoltro nella logica aberrante di questi nostri nemici, di giustificare futuri colpi liberticidi.
Il terrorismo nero, bloccato dalle grandi manifestazioni popolari del '74, è sembrato rintanarsi e cedere il passo.
È un caso che nel momento in cui si indeboliscono altre trame eversive, quella nera torni alla ribalta prima con avvisaglie purtroppo trascurate poi con tutta la sua carica omicida? Sono domande inquietanti, inevitabili.
Gli autori della strage non hanno colpito questa o quella parte, ma l'umanità intera e il diritto elementare e sacro alla vita.
Ma perché con questa insistenza a Bologna? Questo luogo di esperienze e di battaglie democratiche e di progresso è un ostacolo tale sulla loro via, da doverlo ad ogni costo travolgere?
Sarà travolto.
Gli impegni delle persone umane possono vacillare di fronte al convergere di eventi sempre prevedibili.
Ma noi bolognesi un impegno di fronte al Paese, alle memorie della Resistenza, fronte all'avvenire, ai giovani, a coloro che in tutta Italia attendono ancora una volta la nostra risposta, e che da tanti paesi stranieri ci hanno inviato parole di pietà, di amicizia e di incitamento, un impegno severo e fermo vogliamo prenderlo. Sulla linea che divide la democrazia dall'eversione non arretreremo, al contrario combatteremo con maggior vigore e più chiara (?) della posta in gioco.
È una posta altissima.
Sono attaccate le conquiste della Costituzione, il diritto dei lavoratori a costruire una società giusta, le attese delle giovani generazioni, l'esigenza umana e politica del cambiamento.
Ci batteremo duramente perché questa prospettiva non sia negata.
Abbiamo forze e convinzioni che non si esauriranno nel giro dei giorni e degli anni.
Altre domande incalzano. Quali complicità hanno accompagnato questa azione nefanda? Le scopriremo? I ritardi non saranno nuovamente esiziali? Signor Presidente, il dolore non può farci tacere.
Corpi straziati chiedono giustizia, senza la quale sarebbe difficile salvare la Repubblica; chiedono pronta identificazione e condanna dei colpevoli di tutti i delitti che hanno macchiato l'Italia in questi anni; chiedono la sconfitta della sovversione, e le condizioni di una vita e di una democratica ordinata.
Incertezze e colpevoli deviazioni hanno subito le indagini da Piazza Fontana ad oggi.
Troppe interferenze e coperture sono state consentite.
Ora la sincerità del dolore e della condanna si misurano sui fatti ed esclusivamente su di essi, sulla volontà e sulla capacità politica e giudiziaria di far luce sulle trame eversive e sui delitti che si susseguono in un crescendo inaudito.
Non spetta a noi indicare le linee della politica nazionale, ma è certo che è necessaria una prospettiva politica di fermezza e di chiarezza, che raccolga il consenso del popolo.
È certo che coloro i quali hanno ricevuto le responsabilità di governo e parlamentari dal popolo, tutti coloro che esercitano funzioni pubbliche, dal popolo verranno giudicati per quello che faranno, con una vigilanza e sensibilità moltiplicate dall'angoscia di questi giorni e dalla gravità estrema del crimine che è stato commesso.
Ognuno dovrà compiere il proprio dovere, come l'hanno compiuto le donne e gli uomini accorsi alla stazione di Bologna nelle ore della strage, per soccorrere e salvare: semplici cittadini, personale sanitario, magistrati, dipendenti degli enti locali, ferrovieri, vigili del fuoco, militari, forze dell'ordine, e la moltitudine che è su questa piazza a raccogliere la sfida del terrorismo.
Grazie di essere venuti. Assieme non potremo essere sconfitti.
Il saluto alle vittime è in questo momento, signor Presidente della Repubblica, una promessa morale e politica di fedeltà alle ragioni del progresso umano ed è fiducia in una giustizia che non può fallire perché poggia sull'animo di grandi masse di donne e di uomini.
Così noi affermiamo oggi la nostra difficile speranza e chiediamo a tutti di combattere perché la vita prevalga sulla morte, il progresso sulla reazione, la libertà sulla tirannia.