Il 25 aprile è un giorno di ricordo, di pensiero, di riflessione oltre che di festa per una libertà riconquistata con il sangue e il sacrifico di chi non si voltò dall’altra parte davanti alla violenza e all’oppressione fascista.
In questo tempo di quarantena il 25 aprile è ancora una volta un insegnamento e può darci spunti di speranza attiva e concreti su come ripartire.
“Nessuna conquista è per sempre, c'è sempre qualcuno che è interessato a toglierla, per cui resistere non è solo un dovere, ma una necessità“ diceva Maria Cervi figlia maggiore di Antenore Cervi uno dei 7 figli di Alcide uccisi dai fascisti.
Una storia quella dei fratelli Cervi che è entrata nel mito della resistenza e che Maria ha ricordato sempre con coraggio, come raccontato benissimo nel libro di Laura Artioli “Con gli occhi di una bambina: Maria Cervi, memoria pubblica della famiglia”, nel quale l'autrice riesce da una ricerca storica, a far emergere un ricordo individuale di Maria, della sua vita, della sua famiglia.
Abbiamo intervistato la figlia maggiore di Maria Cervi, Anna Bigi, per capire cosa può rappresentare oggi il 25 aprile in questa fase tanto difficile per il nostro Paese.
Anna è un fiume in piena di idee, di pensieri di visioni.
“Per me oggi il 25 aprile è di nuovo un’utopia. È una RIESISTENZA. Oggi questa giornata può diventare l’occasione per ricominciare. Dopo il virus la nostra vita non potrà essere più quella di prima, ci sono delle cose che devono cambiare che dobbiamo far cambiare. L’ambiente ci ha comunicato delle cose importanti, ci ha detto che ci dobbiamo dare una regolata. La sanità ci ha detto che dobbiamo fare attenzione a come la consideriamo, perché nei momenti di crisi una rete territoriale e una sanità gestita in un certo modo, è una risorsa vitale nel vero senso della parola. La scuola anche con l’insegnamento a distanza, la costrizione a casa dei bambini, ci ha detto che non è pronta. Certo si sono organizzati ma sarebbe importante sapere quanti sono i bambini e i ragazzi che non sono stati raggiunti in questo periodo e dunque anche la scuola va ripensata”.
Anna con il suo entusiasmo rende vivo il 25 aprile e lo proietta come liberazione di oggi come riprogettazione della società, proprio come fecero allora i partigiani. “Negli interventi in Senato alcuni come Zanda, hanno richiamato gli anni ’70, epoca delle riforme, come ad esempio quella sanitaria. Però in quel periodo c’era una partecipazione alla discussione. Quelle riforme non erano il frutto di una cabina di regia o di una commissione, erano una sintesi di un lavoro partecipato condiviso dalle persone nelle sedi di parto, nelle sedi sindacali, nella società. Oggi, che paradossalmente le nuove tecnologie ci rendono più facile questa cosa, le usiamo solamente per divulgare e non per condividere e per raccogliere anche le impressioni. Le osservazioni vengono viste come critiche e scartate anziché approfittare per leggerle come un contributo alla riflessione. Propio come si fa con il grillo parlante che mette in evidenza i problemi e i rischi e al posto di ascoltarlo e di provare a capire gli si tira la ciabattata .Il 25 è una riesistnza che viene riprogettata a partire dai valori fondanti della Costituzione usando il metodo che hanno usato i partigiani che il giorno dopo il 25 aprile si son tirati su le maniche e hanno incominciato a progettare quella che era la struttura di un nuovo stato democratico. Vorrei che succedesse questo e vorrei che usassimo il 25 aprile come simbolo di questa situazione”.
La storia dei fratelli Cervi è una storia diversa da tante, è un’antifascismo che fa dell’accoglienza e dell’ospitalità il fulcro fondamentale della resistenza. La loro cascina si riempie di persone di tutto il mondo, dal paracadutista sudafricano al soldato dell’armata rossa. E oggi, in un’Italia e un’Europa, attraversate da pulsioni xenofobe, quella capacità di accogliere rappresenta una lezione fenomenale per resistere ancora. "La famiglia ha preso dal vangelo l’idea di ospitalità - dice Anna mentre cerca nei ricordi - Loro tenevano insieme il meglio del socialismo e del vangelo. Che poi sono le stesse idee se astraiamo e puliamo. Quest’idea dell’accogliere l’altro come se fosse parte di te. C’è un tema di integrazione nella storia della mia famiglia. A me piace usare la parola integrazione togliendo la “g” usando “interazione". Oggi è fondamentale costruire una dimensione nei confronti delle persone che vengono ad abitare qui con noi, di accoglienza. Non ti do semplicemente un pezzo di casa mia, ma ti faccio comproprietario della mia casa. Casa mia è casa tua, la viviamo insieme. Valorizzare questa dimensione è importante. Dire che perdiamo le nostre tradizioni, le nostre culture, le nostre identità è sbagliato perché noi siamo il frutto di una mescolanza di persone, di tradizioni e di usi. Io credo che questo debba essere il pensiero. Per essere coerente con i valori di quell’antifascismo dell’ospitalità è questa la strada. Ho sentito ieri un signore indiano di Campegine, alla fine della telefonata l’ho salutato dicendogli “buon 25 aprile”. Lui mi ha risposto con un “grazie” nel quale ho letto qualcosa di profondo. Era un grazie al fatto di riconoscergli, in qualche modo, il diritto di festeggiare il 25 aprile, un grazie per aver condiviso la storia collettiva."
Essere parte di una storia che è un mito italiano potrebbe essere pesante ma Anna Bigi ci ha assicurato che grazie alla delicatezza dei genitori non ne ha mai sentito la pesantezza ma ha vissuto il rispetto per una storia che è diventata pubblica e ha perso gli aspetti individuali.
“Intorno ai 17-18 anni - ha detto Anna - ho sentito l’esigenza di avere un ricordo di mio nonno, quando orami chi aveva avuto contatti con lui non c’era più. La cosa che mi ha sorpresa è che tutti, mia nonna compresa, avevano una memoria collettiva dei 7 fratelli Cervi, ma avevano difficoltà a raccontarmi una dimensione individuale di mio nonno. Questo mi è mancato. Naturalmente la storia della mia famiglia è una storia collettiva e quando ho convinto mia nonna a scrivere i suoi ricordi e anche attraverso le ricerca di Laura , ho provato a ripercorre la storia della mia famiglia al di là del mito"
Il ricordo del 25 aprile, dei fratelli Cervi e di tutta la resistenza deve essere vivo deve stimolare al pensiero, deve far ragionare. È così anche per Anna “Ad esempio quando gli studenti mettono in scena lo spettacolo sui fratelli Cervi, ogni volta mi sorprendo perché ci sono sempre sguardi diversi, spunti diversi, contenuti diversi. I giovani sono capaci, pur partendo da un libro piccolo come i “i miei sette figli”, di costruire degli spettacoli che evocano sempre emozioni nuove. E i ragazzi, mettendo in scena la storia dei sette fratelli Cervi, pensano, riflettono”.
Ci sono storie italiane che vanno rispolverate soprattutto oggi, soprattuto ora che ci si interroga su come ripartire. Anna Bigi ha ragione oggi “il 25 aprile è di nuovo un’utopia. È una RIESISTENZA”, un momento di riprogettazione della società.
Bisogna ritrovare lo spirito, il coraggio e la forza di quei partigiani che si tirarono “su le maniche e hanno incominciato a progettare quella che era la struttura di un nuovo stato democratico”. Oggi potremmo riprendere da lì, da quella ricostruzione, da quella voglia di libertà, di comunità e di pace per riaprire il mondo.