Iqbal Masih è stato un martire, un attivista, un operaio, un sindacalista, un coraggioso. Ma Iqbal era soprattuto un bambino, ucciso a soli 12 anni perché con coraggio e forza aveva rivendicato la sua infanzia, i suoi diritti e la sua vita.
Era nato nel 1983 in una famiglia molto povera in Pakistan. Iniziò a lavorare già a 4 anni in una fornace per ripagare i debiti della sua famiglia. A soli 5 anni il padre fu costretto a venderlo ad un fabbricante di tappeti per ripagare un debito di 12 dollari. Legato al telaio per giorni, schiavizzato, abusato, picchiato e con il solo scopo nella vita di produrre tappeti che poi si sarebbero venduti nel ricco occidente, realizzò che non si può sempre subire proni e silenti lo sfruttamento di un padrone.
Iqbal viveva una condizione comune purtroppo a milioni di bambini in Pakistan e in tanti altri stati soprattutto nel sudest asiatico. Ma questo piccolo eroe aveva una forza e un animo che lo facevano tendere, in maniera inarrestabile, alla libertà. Un giorno del 1992 Iqbal riuscì a lasciare la fabbrica di tappeti di nascosto, per partecipare ad una manifestazione del Bonded Labour Liberation Front (BLLF), un’associazione che lottava proprio contro le ingiustizie che si consumavano sulla pelle dei lavoratori. Da quel momento la sua vita è cambiata. Tornato in fabbrica Iqbal si rifiutò di rimettersi al lavoro, nonostante i metodi violenti e le percorse subite, il piccolo pakistano non si fece piegare.
Il suo coraggio, la sua fisicità fragile e forte contemporaneamente, il suo linguaggio semplice, potente e incisivo hanno fatto, negli anni, di Iqbal un simbolo. Questa sua capacità di mettersi in sintonia con le persone e la sua profonda determinazione, lo resero così incisivo nei suoi discorsi e nelle sue azioni concrete che iniziò a girare il mondo, invitato a conferenze e premiato in giro per il globo, con l'unico obiettivo di aprire gli occhi alla comunità internazionale sul dramma del lavoro minorile e dello sfruttamento dei bambini. Un dramma che però, ancora oggi, serve a mantere il luccicante e vivace mondo occidentale. Dietro ogni nuova sneakers di tendenza ci sono milioni di bambini che lavorano in condizioni di violenza e abbandono assoluta. Dietro ogni smartphone, ogni televisione, ogni penna usb, ogni pezzo di ricambio degli elettrodomestici, ci sono le mani schiavizzate, tenere e precocemente invecchiate dei bambini operai.
Per un fugace ed effimero momento di consumo nel ricco occidente ci sono ore, giorni e vite di sfruttamento e sofferenze.
Iqbal fu ucciso in un agguato probabilmente per mano di un’organizzazione criminale che viene definita la “mafia dei tappeti”. Un sodalizio dedito al controllo de settore dei tappeti pachistani, dalla tessitura fino ai canali di vendita.
In un mondo che dal 1995 ad oggi non è di certo migliorato, in una realtà del lavoro che vede espandersi nuove e vecchie sacche di sfruttamento e di sofferenza, in un momento storico nel quale le paure e le intolleranze sono sempre più difficili da arginare, le parole di questo piccolo eroe che ha sacrificato la sua vita affinché i bambini possano davvero vivere la loro infanzia senza dover subire oscenità e violenze, sono ancora purtroppo troppo attuali.
Sono uno di quei milioni di bambini che stanno soffrendo in Pakistan a causa del lavoro schiavizzato e del lavoro minorile.
Ma io sono fortunato, grazie agli sforzi del Fronte di Liberazione dei Lavoratori (BLLF) sono libero e sono di fronte a voi oggi .
Dopo essere stato liberato, mi sono unito alla scuola BLLF.
Adesso sto studiando in quella scuola. Per noi bambini schiavi, Eshan Ullah Khan e il BLLF hanno fatto il solito lavoro che Abramo Lincoln fece per gli schiavi in America.
Oggi voi siete liberi e anche io sono libero.
Sfortunatamente i padroni del business dove lavoravo ci dissero che è l’America che chiedeva loro di schiavizzare i bambini. Agli americani piacciono i tappeti, le coperte, gli asciugamani a poco prezzo che noi facciamo. Quindi loro vogliono che il lavoro schiavizzato vada avanti.
Io mi appello a voi che fermiate le persone dall’usare i bambini come manodopera perché i bambini hanno bisogno di una penna piuttosto che strumenti di lavoro. Eppure i bambini lavorano con questi strumenti. Se facciamo qualcosa di sbagliato veniamo picchiati con questi strumenti e se veniamo feriti non veniamo portati dal dottore. I bambini non hanno bisogno di questi strumenti, ma hanno bisogno di uno strumento solo: la penna, proprio come i bambini americani.
Sfortunatamente molti bambini non usano penne al momento; spero che voi aiutiate il BLLF, proprio come loro hanno aiutato noi.
Con la vostra cooperazione il BLLF può aiutare tanti bambini e dare loro lo strumento, la penna.
Sono stato abusato, come altri bambini che sono abusati, compresi quelli che sono insultati, sono appesi a testa in giù, e sono maltrattati, ricordo ancora quei giorni.
Ho visto coperte del Pakistan nei negozi americani e ciò mi rattrista, sapendo che sono state fatte dai bambini schiavizzati.
Mi sono sentito molto dispiaciuto.
Ho chiesto al Presidente Clinton di mettere sanzioni a quei Paesi che usano manodopera dei bambini. Di non dare aiuto a quei Paesi che ancora usano manodopera dei bambini.
Date modo ai bambini di usare la penna.
Con questo ringrazio il contributo della Reebok in questa direzione.
Mi hanno chiamato per questo premio e gli sono molto grato, grazie.
Abbiamo uno slogan a scuola quando i bambini vengono liberati, diciamo tutti insieme : NOI SIAMO LIBERI
e vi chiedo di unirvi a me oggi nel pronunciare questo slogan
Io dico : noi SIAMO
e voi direte : LIBERI….