Ci sono discorsi che ancora oggi mostrano la forza, la dignità e la concretezza tipiche degli italiani nei momenti più difficili della nostra storia. Era il 27 ottobre 1962 quando Enrico Mattei tenne il suo ultimo discorso, poche ore prima dell’attentato che interruppe la sua vita e la realizzazione di un sogno nazionale. L’Italia che usciva dalla guerra. L’Italia che aveva la capacità di ricominciare a sperare e a rimboccarsi le maniche. L’Italia guidata e portata in spalla dagli stessi ragazzi che l’avevano liberata e che ora, con la stessa cocciutaggine, lo stesso coraggio e la stessa passione la dirigevano. L’Italia che entrava negli anni ’60 con la forza di un Paese capace di rialzarsi e di diventare una potenza industriale. L’Italia divisa in due che a tratti alzava la testa e a tratti moriva di fame. L’Italia che si preparava alle stragi e alle ingerenze straniere. In quell'Italia muovevano i passi uomini e donne che meriterebbero il rispetto massimo e che incontrarono invece morti violente e misteriose.
Enrico Mattei, era uno dei ragazzi della resistenza, aveva rappresentato la Democrazia Cristiana in seno al CNL, aveva combattuto i tedeschi e i fascisti, aveva liberato l’Italia. Nel primo dopoguerra ebbe il compito di liquidare l’Agip ma al contrario di ciò che tutti si aspettavano, ne fece una multinazionale moderna del petrolio e del gas, creò l'Eni, facendola diventare un soggetto protagonista del boom economico italiano. Un uomo che visse e morì per il suo Paese. Un uomo che seppe mettere a frutto l’ingegno italiano e la nostra capacità di arrangiarci. L’idea però che l’Italia potesse liberarsi dal giogo internazionale, il solo immaginare lo stivale ancora protagonista sullo scacchiere globale, disturbava chi tesseva i fili di quell'intreccio precario e debole sul quale poggiava il mondo interno.
Il 27 ottobre, dopo aver tenuto il discorso, che riportiamo qui oggi in versione integrale, per celebrare l'inizio dell'attività di estrazione del gas a Gagliano Castelferrato, in provincia di Enna, in Sicilia, Enrico Mattei fu vittima di un attentato. L’aereo sul quale viaggiava fu abbattuto da ignoti, morirono tutti gli occupanti. Alcuni testimoni dissero di aver visto l’aereo esplodere in volo.
Con quell’attentato, con la morte di Mattei, morirono le speranze e i sogni di un’Italia indipendente, libera e padrona del proprio futuro.
Prima di tutto desidero ringraziarvi di questa calda accoglienza che abbiamo ricevuto, qui, nel vostro paese. Oggi si affacciano alla mia memoria quegli anni che possiamo considerare lontani, dell'immediato dopoguerra, quando nessuno credeva alle reali possibilità dei nostro sottosuolo.
Noi cominciammo una lotta dura, fra l'ostilità di coloro che non credevano a queste possibilità dei nostro paese, poi giungemmo alle scoperte della valle Padana che hanno rivoluzionato - come diceva poco prima il vostro onorevole Lo Giudice - la valle Padana e l'alta Italia.
Quando chiedemmo di venire in Sicilia, trovammo che non eravamo di moda: allora erano in momento favorevole tutte le compagnie petrolifere straniere. Io debbo ringraziare la Regione siciliana di averci dato tutto quello che in pratica era rimasto, che gli altri non avevano scelto. Volevamo dimostrare anche alla Sicilia quello che potevano veramente fare gli italiani, gli italiani che si rendevano conto di quello che poteva significare questo tipo di progresso per la Sicilia.
Vennero i nostri primi geologi e gli scienziati, le prime squadre cominciarono il lavoro, svolto tra l'incredulità ed una certa ostilità. Arrivammo al rinvenimento del petrolio di Gela: a Gela oggi sta sorgendo un enorme complesso.
Il vostro presidente, ieri, ci ha onorato di una visita e si è reso conto di che cosa si può fare in Sicilia. Il nostro ringraziamento va a tutti i nostri scienziati, ai nostri operai, ai nostri tecnici, a tutti coloro che giornalmente si impegnano nella dura fatica di trovare nelle viscere della vostra terra le ricchezze che vi sono nascoste. Avete visto con quanto impegno ci siamo messi in questa impresa: momenti di attesa, di speranza, di lavoro duro, di polemiche ideologiche contro di noi. Siamo arrivati a scoprire il metano anche a Gagliano: di questo ringraziamo il Signore Iddio, perché gli uomini possono stabilire con i loro mezzi se ci sono le condizioni favorevoli, ma è solo l'aiuto divino che può far arrivare gli uomini a dei successi. Le risorse e le riserve che sono state messe alla luce sono importanti, però probabilmente lo saranno ancora di più perché prosegue il lavoro di ricerca dei nostri tecnici. Noi siamo convinti che la vostra terra conserva ancora beni nascosti, perciò noi siamo impegnati con tutti i nostri uomini. Dovete ringraziare veramente il vostro presidente per quello che ha fatto per questo paese, per questa provincia povera. Amici miei, anche io vengo da una provincia povera, da un paese povero come il vostro. Pure oggi c'è qua della nostra gente – io sono marchigiano, quelli sono paesi poverissimi - che viene a lavorare in Sicilia: perché prima di qui, in alta Italia e nel centro Italia, abbiamo fatto ricerche minerarie come queste, e quindi abbiamo creato le scuole, abbiamo creato gli uomini che operano in Sicilia e pensiamo di mandare anche siciliani in altre zone d'Italia. Poi, con le riserve che sono state accertate, una grande ricchezza è a disposizione della Sicilia.
Amici miei, noi non vi porteremo via niente. Tutto quello che è stato trovato - che abbiamo trovato - è della Sicilia, e il nostro sforzo è stato fatto per la Sicilia e per voi.
Giustamente il vostro presidente diceva che noi non abbiamo nessun profitto personale. E’ vero: noi lavoriamo per convinzione. Con la convinzione che il nostro paese, e la Sicilia, e la vostra provincia possano andare verso un maggior benessere; che ci possa essere lavoro per tutti; e si possa andare verso una maggiore dignità personale e una maggiore libertà.
Amici miei, io vi dico solo questo: noi ci sentiamo impegnati con voi per quanto c'è da fare in questa terra. Noi non portiamo via il metano; il metano rimane in Sicilia, rimane per le industrie, per tutte le iniziative, per tutto quello che la Sicilia dovrà esprimere”.
Dalla piazza una voce interrompe: “Così si può levare questa miseria di Gagliano”.
Rivolgendosi all'anonimo, Mattei dice: “Amico mio, io non so come lei si chiami, ma anch'io ero un povero come lei; e anch'io ho dovuto emigrare perché il mio paese non mi dava lavoro; sono andato al Nord, e adesso dal Nord stiamo tornando al Sud con tutta l'esperienza acquistata Noi ci impegniamo con le nostre forze, con le nostre conoscenze, con i nostri uomini, a dare tutto il nostro contributo necessario per lo sviluppo e l'industrializzazione della Sicilia e della vostra provincia.
Io vi devo chiedere - come ho già chiesto al sindaco - scusa di non essere venuto prima. Ma sono gli impegni che abbiamo in tutto il mondo: ci sono 50 mila persone che oggi operano in questo gruppo; e su 50 mila persone ci sono mille e seicento ingegneri, 3 mila periti industriali e geometri, 2 mila dottori in chimica e in economia, 300 geologi, decine di migliaia di specialisti che si muovono in tutto il mondo. E tutto questo porta lavoro, porta responsabilità, porta un grande impegno; ma io conoscevo esattamente la situazione di Gagliano, delle sue riserve, di questo lavoro, delle possibilità che esistono per l'avvenire. Le abbiamo seguite giorno per giorno, con ansia, e qualche volta, molte volte, ne eravamo felici. Ora su questo si deve innestare un successivo lavoro, si devono innestare industrie che dovranno portare in questa zona benessere ericchezza. Noi ci impegniamo insieme con voi, con tutti.
Potete contare sulla nostra opera, come avete potuto contare su tutto quanto abbiamo compiuto fino ad oggi senza che ci fosse stato richiesto. L’abbiamo compiuto perché sapevamo - se arrivava il successo - di poter raggiungere dei risultati che cambiano la fisionomia della vostra regione. E noi andremo avanti in questo, seguiteremo il nostro lavoro di ricerca perché più risorse vengano reperite, queste risorse sono tesori. I tesori non sono i quintali di monete d'oro, ma le risorse che possono essere messe a disposizione dei lavoro umano.
Amici, desidero ancona ringraziarvi per queste vostre accoglienze che io sapevo mi avreste fatto, ma non così calorose come invece ho trovato, perché so che vi rendete conto dello sforzo che abbiamo compiuto e di ciò che vi portiamo, e quindi fra di noi non poteva esserci che simpatia e fiducia. Sapevo che un giorno sarei venuto in mezzo a voi, che voi mi avreste guardato con simpatia e con affetto. Abbiamo discusso, con i vostri rappresentanti, dei vostri problemi, molti dei quali non sono che problemini. Non assorbiremo 70 persone, ma tutti coloro che potrete darmi, tutti, e sarà necessario che tornino molti di quelli che sono andati all'estero perché a Gagliano avremo bisogno anche di loro. Noi non vi porremo dei limiti. Noi vogliamo solo stabilire una collaborazione che duri sempre. C'è una scuola di qualificazione da fare? Mi darete il vostro contributo, indicandomi i corsi che dovranno essere istituiti. Sono piccoli problemi: l'importante è questa enorme massa di risorse che da oggi è messa a disposizione della Sicilia, e sulla quale si potrà e si dovrà costruire, se ci sarà l'impegno di tutti.