Ci sono numeri che son diventati simboli, che racchiudono forza, idee, ricordi e sogni e che nulla hanno a che vedere con la cabala. Il 68 è un numero che nella storia dell’umanità rappresenta e rappresenterà per sempre la forza della della gioventù.
Il 68 però non può essere marginalizzato ad un anno, è un percorso che comprende eventi, persone e storie che racchiudono almeno un decennio.
In realtà infatti il 68 in realtà è iniziato il 2 dicembre 1964 all’università di Berkeley in California per bocca di Mario Savio, un ragazzo di neanche 22 anni nato a New York siciliani. Un ragazzo che con la forza di un discorso ha aperto una stagione di lotte, di scontri, di ideali, di speranza e di innovazione enorme.
Il rettore dell’università di Berkeley aveva vietato ogni tipo di manifestazione e impedito agli studenti di fare ogni attività politica dichiarando che “le idee devono restare fuori dal campus” perché “l’università è una fabbrica e serve a riempire le teste vuote, per farle lavorare per il sistema”. Addirittura il primo ottobre un ragazzo nero fu fermato dagli agenti per aver semplicemente distribuito volantini di protesta.
La guerra in Vietnam stava iniziando a diventare un incubo di morte e distruzione. Le lotte contro il razzismo erano in pieno fermento, Martin Luther King avrebbe ricevuto il Premio Nobel proprio il 10 dicembre del 1964. I Beatles erano stati in tournée proprio negli States, dimostrando che quella generazione proprio come la sua musica non aveva confini né frontiere. Covava, sotto la cenere di un mondo ancora ingessato nelle sue antiche divisioni, la brace che avrebbe acceso il fuoco della contestazione giovanile.
Tra quelle braci quella più incandescente e pronta a bruciare era Mario Savio, attivo già nel movimento per i diritti civili e membro del Freedom Summer Project, organizzazione umanitaria del Mississippi impegnata nell’alfabetizzazione della popolazione afroamericana. Savio, già laureto a New York, nel 1963 si trasferì in California e si iscrisse all’Università di Berkley. Dopo l’arresto dello ragazzo nero Savio ed altri studenti decisero di organizzare una rivolta studentesca unendo alla protesta contro le autorità accademiche la condanna della guerra in Vietnam. La protesta iniziata il primo ottobre del 1964 finì con l’arresto di Mario che però riuscì a salire a piedi scalzi sull’auto della polizia e tenne un discorso improvvisato con il quale affascinò la folla.
Da quel momento il siciliano, divenne il vero leader di un movimento che prenderà il nome di “Free Speech Movement”, ma soprattuto sarà l’icona della contestazione giovanile in tutto il mondo. Dopo la rivolta di ottobre il 2 dicembre gli studenti ripresero le proteste. Savio davanti a 4mila studenti terrà un discorso che rimarrà nelle memorie della storia e che ha tutta la forza della gioventù e della contestazione giovanile. Un discorso che ha cambiato la storia e che ha dato prospettive di libertà e di forza all’umanità, lanciando un grido in un mondo che da allora scoprì i giovani come gruppo sociale capace di contare.
“L’università è attualmente chiamata a educare un numero di studenti prima inimmaginabile; a far fronte alle crescenti richieste del servizio nazionale; a fondere le sue attività con l’industria come mai prima d’ora.
Caratteristica di questa trasformazione è la crescita dell’industria della conoscenza, che sta permeando di sé il governo e il mondo degli affari, e attraendo sempre più persone istruite a livelli sempre più alti di specializzazione. L’industria della conoscenza può essere per la seconda metà di questo secolo ciò che le automobili sono state per la prima metà, e le ferrovie per la seconda metà dell’Ottocento; e cioè servire come punto focale per la crescita nazionale. E l’università è al centro del processo della conoscenza.
L’università e molti segmenti dell’industria stanno diventando sempre più simili. Man mano che l’università si lega al mondo del lavoro, il professore – almeno nelle scienze naturali e in alcune delle scienze sociali – acquista le caratteristiche dell’imprenditore. I due mondi si stanno fondendo, fisicamente e psicologicamente. Il campus e la società si stanno fondendo con qualche riluttanza e cautela, ma la fusione è già a uno stadio avanzato.
E se il Presidente Kerr è il manager di questa grande impresa, allora vi dico una cosa: i docenti sono un mucchio di impiegati, di dipendenti! E noi siamo la materia prima! Ma siamo un mucchio di materie prime che non intendono farsi lavorare, non intendono farsi trasformare in un prodotto, non intendono farsi comprare dai clienti dell’università, siano essi il governo, siano l’industria, siano il movimento sindacale, siano essi chiunque! Siamo esseri umani!
Ed è questo che mi ha portato alla disobbedienza civile.
Arriva un momento in cui il funzionamento della macchina diventa così odioso, ti fa così rivoltare il cuore, che non puoi più esserne parte. Non puoi più esserne parte neanche passivamente. E devi gettare il tuo corpo nell’ingranaggio, nelle ruote e nelle leve dell’ingranaggio, in tutto l’apparato, e devi bloccarlo, fermarlo. E devi far capire alla gente che lo governa, alla gente che lo possiede che, ammenoché tu non sia libero, alla macchina sarà impedito di funzionare del tutto.
Questo non significa che dobbiamo distruggere qualcosa. Migliaia di persone sedute a terra in un posto possono bloccare ogni macchina, inclusa questa. E la bloccheremo!