Vite estreme: così i giovani boss si raccontano su Facebook

Walter Mello, Emanuele Sibillo: vite estreme, violente raccontate sui social.

Gli amori, le passioni e i miti dei ragazzi che hanno scelto di fare la guerra ai vecchi clan.

di Luciano Trapanese

La camorra dei giovani ribelli. Quelli che a 16, 17 anni già impugnano pistole e mitra e sfidano senza paura i vecchi clan. Nessun timore, nessun rispetto e con un solo obiettivo: il potere. E potere, nella Napoli di oggi, si declina con le piazze di spaccio, in quell'intrico di rioni del centro storico. Da Forcella, alla Sanità, dai Quartieri Spagnoli, al Pallonetto e più a nord, fino a Miano, Secondigliano.

C'è la paranza dei bambini, la cosca di Forcella, con i fratelli Sibillo. Emanuele, ucciso a 17 anni e assurto a mito della giovanissima criminalità partenopea. E suo fratello, Lino, il reggente, arrestato in Umbria. Ma non solo loro. I boss ribelli arrivano anche da Miano. C'è un nome su tutti, Walter Mello. Lui e il suo giovanissimo clan, hanno mirato in alto: colpito al cuore i Lo Russo (decimati dagli arresti e dai pentiti), e sono ritenuti dagli investigatori i possibili autori della strage dei Vastarella, in via Fontanelle, nel cuore della Sanità. L'altro quartiere conteso.

Sono ragazzi. E come tutti i ragazzi usano Facebook. Ognuno con la sua pagina, i suoi amici, le sue foto. Abbiamo curiosato nel loro mondo virtuale. Scoperto, probabilmente, molto più di quello che racconta la fredda cronaca. La prima impressione è quella di imbattersi in ragazzi normali, tipici dei quartieri popolari napoletani. Si chiamano tutti “amò”, “fratè” (anzi “fratm”), “vita mij”. Ma poi, continuando, si capisce di più. Si entra in un mondo che è altro, che non vuole essere assimilato, che si muove di fianco a quello che conosciamo. Ha altre regole, altri valori, altre logiche.

Walter Mello, il giovane boss (scampato ad un agguato poche ore fa), ha mille e 500 amici. E' il presunto ras della “don Guanella”. Per gli investigatori è ambizioso, violento, senza scrupoli. Eppure in un post di qualche anno fa scriveva: «Dopo un'adolescenza vissuta per strada e un periodo passato in carcere è arrivato il momento di crearmi una famiglia. Voglio un figlio, lo desidero». Ma, evidentemente, molto è cambiato in questo periodo. In uno degli ultimi post, infatti, afferma: «Il destino non ha potuto fare altro che abbassarsi ai miei piedi. Ciò che voglio lo raggiungo».

E ciò che vuole – evidentemente – non è più solo una famiglia. Vuole scalare i vertici della camorra. A tutti i costi. Morto dopo morto, strage dopo strage. E – a quanto dicono gli inquirenti – anche con una capacità strategica non comune. Ha costruito alleanze e ha colpito gli avversari in un momento di debolezza.

In altri post aggiunge: «Vengo dalla vecchia guardia, quella fatta da uomini con valori nascosti, la loro umiltà mi è stata trasmessa e la porterò avanti sempre... Il sangue onorato vincerà». Un evidente riferimento ai Lo Russo, con i due boss pentiti. Il riferimento si fa più esplicito: «Signore e signori, presto assisteremo al terzo pentimento del disonore».

Qualche anno prima, a proposito dei collaboratori di giustizia, il giovane boss già parlava così: «Se avessi fatto come Giuda, accusando e calunniando le persone, già sarei nella vita libera. Si deve essere pentiti, ma nel proprio animo e pagando le proprie colpe con umiltà».

Fa un po' impressione quel “vita libera”, la vita degli altri, di chi non ha scelto la camorra, la ricerca del potere con la violenza, la criminalità. E ancora: «...ormai quello del pentito è diventato un mestiere. Anche piuttosto facile per la verità: per esercitarlo basta rispondere alle domande di qualche magistrato ambizioso».

Scorrendo i post, oltre a normali romanticherie con delle ragazze, foto di quando era piccolo, spuntano poi i suoi riferimenti culturali. L'amore per il film “The wolf og wall street”, di Scorsese con Di Caprio, e soprattutto delle citazioni accanto ad una foto con Totò Riina, il boss della mafia mai pentito («Il vero uomo di strada fa parlare di se al momento opportuno.... attendere é da saggi»). Ma non solo. Diverse anche le foto del boss di Cosa Nostra, John Gotti, accompagnate da questa scritte: «Bisogna andar cauti quando si è ragazzi nel fare progetti, poiché questi si avverano sempre nella maturità».

Nelle pagine si scopre anche qual è il suo artista preferito, un francese delle banlieue, “Maitre Jims” («lo ascolto da due giorni, già lo amo»). Una passione musicale che fa a pezzi uno stereotipo, non sempre questi ragazzi adorano solo i neomelodici.

Tra le foto dei suoi amici non mancano inquietanti bambini armati di pistole (giocattolo), con post del tipo: «Eccolo il vero guappo». Di ragazzi con magliette di Scarface, qualche mitra impugnato, molti mitra tatuati.

Mai come in questi anni, grazie ai social, è stato possibile entrare – in qualche modo – nelle vite di questi ragazzi. Fino a qualche anno fa sarebbe stato impensabile. Ma tra le più toccanti testimonianze di queste vite ai margini, resta quel video dedicato ad Emanuele Sibillo, decine di foto che lo ritraggono con amici, parenti e ragazze, mentre di sottofondo scorre una canzone di Eros Ramazzotti. La sua sembra una vita come tante altre, ma nello sguardo si intravede una luce che inquieta. La barba lunga, gli occhi neri dal taglio orientale, un sorriso mai accennato: anche per questo in molti hanno paragonato “la paranza dei bambini”, conosciuti come i “barbuti”, ai terroristi dell'Isis. Stessa determinata freddezza, stessa ferocia, stessa consapevole indifferenza alla morte. Nonostante Facebook.

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