Quasi due su tre pensano di appendere in anticipo il camice bianco al chiodo, soprattutto per evitare presenti e futuri tagli alle loro pensioni, ma anche per i carichi di lavoro eccessivi. Ma a preoccupare è soprattutto quel 33% di loro che se tornasse indietro non sceglierebbe più di iscriversi a medicina e quel 15% che addirittura oggi pensa di cambiare il proprio mestiere. Mentre l'idea di pagare meglio gli straordinari, come previsto dalla manovra non è la ricetta idonea a tagliare le liste d'attesa. A sondare l'umore dei medici campani, sempre più tentati di dire addio al servizio pubblico, è l'indagine condotta da Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri, su un campione rappresentativo di camici bianchi. L'idea di tagliare in anticipo il traguardo della pensione sta passando per la testa al 58% di loro. A spingere il 43% dei medici al pensionamento anticipato è la paura di subire un taglio alla propria pensione, magari con misure retroattive come quelle introdotte nella manovra, anche se poi alleggerite con un successivo emendamento. Per l'altra metà la causa sarebbe gli eccessivi carichi di lavoro. Anche chi non è in età di pensione nel 42% dei casi sta pensando di lasciare il servizio pubblico. Il 23% per andare nel privato, un altro 4% all'estero, mentre un preoccupante 15% di scoraggiati pensa di cambiare del tutto attività. Uno scoramento che trova conferma nel 33% che alle condizioni attuali tornando indietro nel tempo non sceglierebbe più di fare il medico.
Però le motivazioni di chi si sente ancora legato al servizio pubblico restano forti, il 46% che motiva la sua scelta con la coscienza di voler garantire a tutti il diritto alla salute, seguito dal 19% che percepisce ancora come un valore la sicurezza del posto di lavoro. L'indagine punta poi ad analizzare le criticità nei reperti di medicina interna, quelli che in media assorbono circa il 50% di tutti i ricoveri ospedalieri. Per il 35% il problema numero uno resta la carenza di personale medico e infermieristico, soprattutto se rapportato alla intensità di cura medio-alta dei reparti di medicina interna, ancora classificati come reparti a bassa intensità di cura. La scarsa valorizzazione del medico di medicina interna nell'organizzazione del lavoro ospedaliero è invece segnalata dal 42% degli internisti. La scarsa o mancata integrazione tra ospedale e servizi territoriali è indicata dal restante 17%. Quasi un plebiscito per l'utilizzo degli specializzandi a copertura dei vuoti in pianta organica con solo il 15% che pensa possano mettere a rischio la qualità dell'assistenza. Per il 62% è invece utile purché svolgano le loro attività affiancati da un tutor, mentre per il 23% servono, ma sarebbe utile semplificare la burocrazia che ancora vincola il loro utilizzo negli ospedali al parere delle Università.
Non convince infine la formula straordinari meglio pagati uguale meno liste di attesa, contenuta nella manovra economica, giudicata efficace solo dal 4% degli intervistati, mentre per il 37% serve assumere personale, per il 42% organizzare meglio le attività in modo da garantire un utilizzo più esteso sia delle apparecchiature diagnostiche che delle risorse umane. A parer del 17% andrebbe invece ridotta l'inappropriatezza prescrittiva. "È un grido d'allarme quello lanciato dagli internisti ospedalieri della Campania evidenziato dalla survey. Infatti, i dati evidenziano come il 58% dei medici campani pensi concretamente alla pensione anticipata e come il 42% dei non pensionabili stia seriamente valutando la possibilità di lasciare il pubblico; addirittura, il 15% degli intervistati sta pensando di cambiare mestiere", commenta la presidente Fadoi Campania, Ada Maffettone. "Nonostante ciò - prosegue - il 46% dei medici ospedalieri vede ancora nel SSN un baluardo del diritto alla salute, che mette le ragioni assistenziali davanti a quelle economiche. Solo il 4% pensa che gli straordinari meglio retribuiti possano risolvere il problema delle liste di attesa, che per il 42% si affronta con una migliore organizzazione. Non è più tempo di pensare, ma di agire con una seria riorganizzazione del SSN che consideri anche l'immissione degli specializzandi negli organici ospedalieri sempre più carenti. Per gli internisti campani, quindi, per salvaguardare il SSN bisogna agire tempestivamente ed energicamente nel futuro prossimo".