Inizia la stagione balneare e arriva puntuale l'esito del monitoraggio dell’Arpac sul mare campano. Le premesse sono buone: oggi abbiamo il 97% di costa balneabile sul totale, di cui ben l’88% classificato di qualità eccellente, il 3% di costa non è balneabile (circa 15 km) perché risultata «scarsa» all’elaborazione statistica della classe di qualita. Resta esclusa dal conteggio la quota di litorale non destinata all’uso balneare, circa 60 chilometri, per la presenza di aree portuali, servitu militari, canali e foci di fiumi non risanabili, aree marino protette.
Nei primi due mesi di monitoraggio, aprile e maggio, Arpac ha già effettuato 740 prelievi di acque di balneazione, di cui 608 di tipo routinario e 132 aggiuntivi. Solo 29 sono risultati non conformi e di essi 8 in acque già interdette alla balneazione perché di qualità scarsa. Le pochissime criticità si concentrano finora: in provincia di Caserta a sud del fiume Garigliano; in provincia di Napoli a villa comunale di Castellammare (tuttavia in miglioramento), al lido di Licola e a nord del depuratore di Cuma a Pozzuoli, a nord della foce del Sarno a Torre Annunziata; in provincia di Salerno a Spineta nuova di Battipaglia ed alle foci dei fiumi Fuorni, Piacentino ed Irno. I dati sono naturalmente soggetti alla sempre variabile ed imprevedibile dinamica marina.
Un miglioramento continuo negli ultimi quattro anni grazie al alvoro sulla depurazione
In sintesi, dal monitoraggio Arpac degli ultimi anni emerge in Campania un quadro delle acque di balneazione largamente confortante e positivo, in linea di tendenziale e strutturale miglioramento, come testimoniato tra l’altro anche dal notevole numero – oggi ben diciannove – di “bandiere blu” attribuite alle località turistiche della regione (terza nella classifica nazionale), in particolare sulla costa sorrentina e cilentana. Ma il dato quasi ottimale della balneabilità del mare campano si registra quasi ovunque. Anche in distretti costieri in passato connotati da importanti criticità determinate dalla strutturale deficienza dei sistemi depurativi, come il Litorale Domitio-Flegreo.
L’effetto migliorativo della qualità delle acque campane deve infatti ritenersi prodotto soprattutto dall’avanzata rifunzionalizzazione – fortemente voluta dal governo regionale – degli impianti di depurazione comprensoriale del Golfo di Napoli e dal completamento dei depuratori lungo tutta la costa.
L'attività di monitoraggio dell'Arpac
Nel periodo estivo, l’azione ordinaria di Arpa Campania più visibile e nota al pubblico è proprio quella del monitoraggio delle acque di balneazione. Un’attività stagionale, da aprile ad ottobre di ogni anno, svolta in continuo raccordo con le autorità sanitarie e marittime. Essa si sviluppa attraverso un lavoro periodico e sistematico di campionamento (routinario, di studio e straordinario) sull’intera costa della Campania, per l’analisi di Escherichia Coli ed Enterococchi Intestinali – ritenuti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità indicatori di contaminazione fecale – al fine di garantire efficacemente la salute dei bagnanti.
Dei 530 chilometri di costa campana, 480 sono utilizzati per la balneazione e pertanto sottoposti al controllo dell’Agenzia. 228 km in provincia di Napoli, 220 in quella di Salerno e 42 di costa casertana. Un lungo litorale che si snoda dal confine laziale del Garigliano a quello lucano di Sapri, articolandosi per gli ampi golfi di Gaeta, Napoli, Salerno e Policastro e le isole dell’Arcipelago Campano. Nei Comuni costieri si concentra circa la metà dell’intera popolazione della Campania e verso il mare confluiscono gli scarichi di quasi tutta la regione, laddove l’antropizzazione e le attività produttive (industriali, agricole, zootecniche e turistiche) condizionano il livello qualitativo del mare.
In questo quadro, i controlli e le analisi dell’Arpac rappresentano la base conoscitiva necessaria per la tutela e l’utilizzo sostenibile della fascia costiera e delle acque litoranee prospicienti. Il monitoraggio, capillare e periodico, viene effettuato su ben 328 punti di prelievo (identificativi delle acque di balneazione ove vi è la massima affluenza di bagnanti), di cui 148 nella provincia di Napoli, 139 di Salerno e 41 di Caserta.
Nel medio periodo la sorveglianza dell’Arpac, effettuata ai sensi della normativa tecnica vigente, consente di classificare ed aggiornare la qualità delle acque di balneazione che vengono distinte in quattro classi (eccellenti, buone, sufficienti o scarse) con relazioni annuali effettuate in base alla sintesi dei dati dell’ultimo quadriennio. Sono esclusi, per definizione, i bacini portuali, le aree militari, le foci di fiumi e canali non risanate e le aree marine protette. In caso di necessità viene svolto un lavoro aggiuntivo, di sopralluogo ed indagini a terra, in sinergia ed a supporto degli enti territorialmente competenti.
Alla validazione delle analisi segue la tempestiva comunicazione dei dati costantemente aggiornati alle istituzioni competenti, nelle forme ufficiali, e all’utenza tramite il sito dell’Arpac, sui portali del Ministero della salute e dell’Agenzia europea dell’ambiente ed anche attraverso un’apposita App attiva dal 2019.
L’attività di controllo e sorveglianza a mare, davvero impegnativa, viene efficacemente coordinata dalla Unità operativa della Direzione tecnica, dotata di una propria attrezzata flottiglia di mezzi nautici, con il supporto del personale delle Aree territoriali e delle Aree analitiche dei Dipartimenti delle province di Caserta, Napoli e Salerno.
Sono i Sindaci dei comuni costieri ad essere tenuti a disciplinare l’accesso alla balneazione sulla base del monitoraggio periodico effettuato dall’Agenzia.
Gli effetti del climate change: mai abbassare la guardia
"Questi risultati positivi, in fase di consolidamento, non devono far abbassare il livello di attenzione e sorveglianza nei confronti dei potenziali fattori di inquinamento marino sempre dietro l’angolo, come dimostra il verificarsi di occasionali ma ripetute criticità in vari punti della costa determinate dai forti eventi meteorici" avverte il direttore generale Stefano Sorvino nella sula nota - Gli sforamenti contingenti – che di solito rientrano a norma nelle successive tornate di controlli – sono causati soprattutto dagli effetti delle precipitazioni violente ed improvvise (le c.d. “flash flood”, figlie del “climate change”). Esse talvolta determinano il fuori esercizio dei sistemi fognari misti e di collettamento, che in alcuni punti risultano bypassati con il conseguente sversamento occasionale in mare di acque non depurate, oltre che di materiali e rifiuti impropriamente depositati nei canali non manutenuti e puliti (come avviene talvolta per il bacino dei Regi Lagni)".
"Le attività dell’Arpac di monitoraggio per la tutela del mare non si limitano alle acque di balneazione - continua Sorvino - ma si articolano anche in una serie di azioni permanenti, a volte coordinate a livello interregionale, e ad alto contenuto tecnico. Vale però la pena di evidenziare che, oltre alle attività dell’Agenzia svolte direttamente sull’ambiente marino, ve ne sono molte altre di significativo rilievo che – pur non riguardando in apparenza direttamente il mare – contribuiscono a configurare la condizione di qualità o di inquinamento di tale essenziale risorsa. Basti pensare al monitoraggio dei corpi idrici superficiali e ai controlli sui depuratori di acque reflue urbane e di aziende. La “blue economy”, e cioè le molteplici attività economiche collegate al mare, rappresenta un importante fattore di valorizzazione socioeconomica delle risorse naturalistiche e delle valenze ambientali delle nostre aree costiere e l’azione di monitoraggio e tutela può concorrere a promuovere una crescita sostenibile delle nostre regioni" conclude il direttore generale dell'Arpac Stefano Sorvino.