In molti si chiedono: qual è il segreto di Carlo Canna? La risposta è semplice: una straordinaria passione per la palla ovale. Un grande amore che nasce fin da bambino. “Sono arrivato al Pacevecchia che ero piccolissimo –ha raccontato-, ricordo quando papà Gerardo mi portava con lui agli allenamenti e insieme ad Andrea Fragnito (numero 10 attuale dell’IVPC Rugby Benevento ndr) aspettavamo i nostri genitori”.
Il rugby a casa Canna è come una religione. “Siamo una famiglia di rugbysti, da mio nonno fino ai miei genitori, seguono tutti la squadra della città e ovviamente le mie partite”. I match giocati da Canna su campi importanti sono tanti. E’ partito da Benevento per rincorrere il suo sogno che è diventato realtà prima passando attraverso le Fiamme Oro e poi con l’approdo alle Zebre. Ma l’emozione più grande è sempre l’azzurro della Nazionale. Carlo dopo quasi quattro mesi di stop non vede l’ora di tornare a giocare un match ufficiale. “C’è la possibilità di chiudere la stagione ad agosto con due derby con la Benetton Treviso –ha spiegato- ma manca ancora l’ufficialità. Noi speriamo di giocare, siamo fermi da troppo tempo, uno stop così lungo non era mai capitato”.
Dalla seconda metà di maggio si allena con le Zebre. “E’ stato bello tornare al campo, durante la quarantena ho fatto soprattutto circuiti in terrazzo e qualche corsetta nel parco di casa”. Canna quando è arrivato lo stop era concentrato sul Sei Nazioni. “Dovevamo giocare con l’Inghilterra a Roma -spiega-, il martedì il tecnico ci ha comunicato che non avremmo disputato la partita e potevamo tornare a casa. Sinceramente nessuno di noi aveva capito la gravità della situazione, non immaginavamo quello che poi sarebbe accaduto”.
Il torneo potrebbe riprendere ad ottobre, ma questa è un’altra storia. L’avventura di Canna con il nuovo tecnico Franco Smith è stata caratterizzata da una sorpresa quasi inattesa con un nuovo ruolo da scoprire, amare e interpretare, lo stesso in cui giocava papà Gerardo. “Smith lo conoscevo poco ma l’approccio è stato ottimo, m trovo molto bene nel suo sistema di gioco. Mi ha subito detto che gli piaceva il mio modo di giocare e durante il raduno mi ha provato anche come centro. Il martedì prima della partita d’esordio, quando ha comunicato la formazione titolare, ho scoperto che avrei giocato dall’inizio in questa nuova posizione. Ovviamente papà era il più felice di tutti”.
Canna è un ragazzo che vive di emozioni positive, sa ironizzare, analizzare anche in maniera critica e soprattutto non teme le nuove sfide. “Non ero preoccupato ma so bene che si poteva fare meglio soprattutto nella fase d’attacco”. La convivenza con Allan è un aspetto su cui lavorare, Smith non rinuncerà facilmente a far coesistere due dei migliori giocatori italiani. Scelta importante, perché i giocatori bravi vanno sempre messi in campo, che col tempo regalerà i suoi frutti.
Il numero 10 delle Zebre è lontano da Benevento da dicembre e non vede l’ora di tornare a casa. Lo farà a luglio quando il club regalerà ai propri atleti una settimana di riposo. Intanto a Parma è arrivato anche un altro talento scuola IVPC Rugby Benevento come Giovanni D’Onofrio. “Sono felice di avere un altro biancoceleste qui con me. E’ arrivato molto motivato, sa bene che qui non si scherza. Si giocherà il posto con gente di grande spessore e per restare a questi livelli si deve dare più del 100%. Le qualità di Giovanni non si discutono”.
Canna vive a Parma, ha lasciato il Rugby Benevento da tanti anni ma parla sempre volentieri di una società che definisce “il mio club”. Si informa costantemente sulla situazione della squadra, quando è possibile vede le partite come accadde nel 2016 nello spareggio promozione col Rubano, quando i sanniti se lo ritrovarono a Padova pronto a spingerli verso l’impresa. “Dobbiamo tornare a sfornare talenti, bisogna lavorare sul mini rugby e far crescere altri giocatori. Dopo averne cresciuti e allevati tanti; Davide Fragnito, Giovanni D’Onofrio e Massimo Cioffi sono gli ultimi che il Benevento ha regalato al grande rugby, dobbiamo formarne altri”. Parole da cuore biancoceleste.
La sua passione per il gioco, la società e la città ci portano a toccare il tasto, ancora per fortuna molto lontano, del finale di carriera. “Spero di giocare fino a 42 anni –se la ride- Adesso voglio essere ancora utile alle Zebre per qualche anno, giocare il mio terzo Mondiale e poi penso che tornerò alle Fiamme Oro essendo un poliziotto”. E un finale in biancoceleste? La domanda nasce spontanea. Carlo non prende tempo. La risposta è quella tipica di chi ha imparato a sognare e non vuole smettere mai, ma sempre con la grande umiltà che lo ha portato al vertice del rugby italiano. “Magari! Se riesco a giocare ancora tanti anni e me lo permetteranno, chiuderei volentieri la carriera a casa con il Rugby Benevento e con i miei amici”.
Dalle parti di Pacevecchia, dove lo seguono costantemente nei suoi match con le Zebre e in Nazionale, queste parole faranno felici tante persone. E magari potrebbero essere da stimolo per qualche ragazzo che, tra qualche anno, potrebbe trovarsi a giocare un match con un compagno che è diventato un campione, ma è sempre quello che, da piccolo, si è innamorato del rugby guardando le partite di papà Gerardo allo stadio Pacevecchia.