Non è facile spiegare le sensazioni che si provano quando si vede realizzato un proprio sogno, soprattutto se esso riguarda la squadra che ami da quando sei nato. Le difficoltà nell’esporre simili sentimenti sono però contrapposti dal fatto che tutti potrebbero ben capire le emozioni che sta vivendo Alessio Luongo, in arte Tamburo, dopo la realizzazione del primo inno ufficiale del Benevento Calcio. Un testo che sarà destinato ad attraversare gli anni, restando impresso come un marchio che identificherà inequivocabilmente il legame tra la società e il territorio.
Tamburo ci ha lavorato tanto, ha messo insieme le parole che sono uscite dal suo cuore di tifoso, prima di “tentare” l’impresa di presentarlo direttamente ai vertici del club: «Avevo in testa di realizzare una canzone per il Benevento da tempo, volevo un pezzo che riavvicinasse la gente alla squadra ma non avrei mai immaginato che diventasse un vero e proprio inno. Mi sono presentato al club manager Alessandro Cilento per proporgli l’idea che ha accolto in maniera positiva: da quel momento è cominciato tutto. Quando ho varcato il cancello del Vigorito non sapevo cosa mi aspettasse, credevo che quanto scritto non venisse reputato idoneo. Devo dire che le mie impressioni si sono rivelate sbagliate, a volte si vede il Benevento come un qualcosa di distaccato, ma sono stato accolto da una vera e propria famiglia, si respira un’aria sana, amicale, dove non ci sono differenze: tutti sono uniti per la causa. Siamo partiti dalla mia idea per poi renderla gradualmente l’inno che conosceremo. C’è stata grande passione nella stesura di ogni virgola. È piaciuta molto anche al presidente Vigorito che voleva subito lanciarlo, ma ci abbiamo lavorato ancora un po’ prima di annunciarla ai tifosi. Per me è un testo diverso rispetto a quelli fatti in passato. In questo doveva essere tangibile la narrazione della città e la passione per i nostri colori».
Colori che Tamburo conosce bene, sin dalla culla. Nato in una famiglia di tifosissimi, dai primi anni di vita non ha fatto altro che indossare il giallorosso e recarsi in Curva Sud: «La maglia del Benevento, i colori: sono simboli tangibili della nostra passione. Il titolo dell’inno, la scelta di utilizzare “mi innamoro solo se”, uno dei cori più famosi della curva, testimonia tutto questo. Volevo un testo che facesse trasparire beneventanità da tutti i pori. Abbiamo una storia e una cultura che tutti ci invidiano e nel pezzo ho voluto unire il passato del territorio al Benevento Calcio. Negli ultimi anni si è parlato bene della nostra città solo grazie a questa società. Chi è beneventano sa perfettamente quanto sia importante la Strega; quindi, sono partito dalla storia per sottolineare la grande passione di tutti noi nei confronti della maglia giallorossa».
Un amore intenso, una passione tramandata negli anni e che ha accompagnato il Benevento in una crescita esponenziale. Ma nell’inno non c’è solo questo: il concetto di beneventanità torna spesso nelle parole di Tamburo e racchiude la forza motrice che gli ha permesso di costruire il testo che tutti canteranno allo stadio: «Beneventanità significa emozionarsi vedendo l’arco di Traiano. Sono stato a Parigi pochi giorni fa, ho visto l’arco di Trionfo: è bello, per carità, ma i sentimenti che mi dà il “nostro” sono impareggiabili. Così come questo termine esprime la passione, l’aria che si respira andando allo stadio: gioire per una vittoria, piangere o arrabbiarsi nei confronti di coloro che criticano senza fondamento. Da piccolo mio zio mi regalò un pantaloncino del Benevento: era un cimelio, non l’ho mai utilizzato per paura di sporcarlo. Per me questa è la beneventanità».
“Mi innamoro solo se” è un testo realizzato per legare ancora di più il Benevento con tutto il Sannio, un’opera identitaria da lasciare anche alle generazioni future: «Sulla mia pelle ho fatto scrivere “di padre in figlio”. Sono cresciuto con questo amore. Pensare che quest’inno possa essere cantato negli anni non ha prezzo, così come già mi tremano le gambe alla possibilità di proporlo in pubblico. Si tratta di una iniziativa che può legare tantissimo tutti noi amanti della Strega, senza scopo di lucro alcuno. Colgo l’occasione per ringraziare Giovanni Gentile per la stesura della musica e per la scelta dei musicisti. Un grandissimo contributo l’ha fornito il mio amico Antonio Martini, beneventano purosangue, anche lui emozionatissimo per quanto siamo riusciti a fare».
Il messaggio finale di Tamburo è indirizzato ai giovani del territorio, in un periodo storico in cui la città di Benevento si sta gradualmente spopolando per la partenza di persone di tutte le età alla ricerca di fortuna in altri luoghi d'Italia o del mondo. Una possibilità che Tamburo, con la forza della determinazione, non ha mai preso in considerazione: «Molte volte si cerca di andare via per cause di forza maggiore e ovviamente rispetto chi lo fa. Personalmente ho fatto una sfida con me stesso restando qui, grazie anche alle persone che mi stanno intorno. Voglio che il mio sia un esempio per riappropriarsi della territorialità e della beneventanità. Poi non smetterò mai di ripetere che l’inno rappresenta la realizzazione di un sogno sotto tutti i punti di vista, sia dal lato del tifo che artistico. Non è un punto d’arrivo, ma di partenza. Fare il rapper per dieci anni mi ha aiutato a costruirmi un bagaglio che mi ha permesso di arrivare fino a questo punto. Ora si apre un’altra pagina grazie al Benevento Calcio».