A dispetto dei problemi di approvvigionamento idrico che la città di Sant’Agata de’ Goti ha dovuto affrontare qualche settimana fa, il territorio comunale è ricco di sorgenti d’acqua.
Per secoli l’economia locale si è mantenuta sul lavoro dei mulini che lungo tutto il corso dell’Isclero sfruttano l’energia del fiume che proveniente da Moiano attraverso il comune. Ed una delle zone più belle di Sant’Agata - che non è solo chiese e monumenti - è quella delle fontane, lì dove il fiume Isclero appena entrato in terra santagatese si trasforma in rapide e passando sotto il ponte che permette di collegare l’area di Castrone con quella di San Pietro, si prepara ad attraversare la valle degli orti. Lì dove è possibile perdersi nel verde, ascoltare il brusio del fiume ed imbattersi nelle tante sorgenti che arricchiscono di acqua quella zona del territorio comunale. Ma non solo.
Perché purtroppo lungo la strada è facile imbattersi in cumuli di rifiuti di ogni genere e, proprio poco prima di giungere sul ponte che permette di attraversare l’Isclero, fa bella mostra di sé una vera e propria discarica. Televisori distrutti, grossi contenitori di plastica, pezzi d’auto, ombrelloni, vestiti, buste, addirittura una sezione di un dosso e poi, gli immancabili, pneumatici. Uno spettacolo che stona non poco con la bellezza della natura che cresce tutt’intorno. E soprattutto che tradisce la vocazione turistica di Sant’Agata de’ Goti.
La colpa senza dubbio è dei tani incivili che fanno fatica anche ad utilizzare un comunissimo telefono per contattare il servizio di raccolta dei rifiuti ingombranti. Anche perché più volte quella zona è stata ripulita, ma passano pochi mesi ed i rifiuti sono di nuovo lì.
Una situazione non unica. Basta spostarsi di pochi chilometri ed in altre zone del territorio comunale lo spettacolo si ripresenta: lungo la strada proviciale che collega Moiano a Frasso Telesino ed attraversa Sant’Agata ormai i rifiuti abbandonati lungo il ciglio della strada sono entrati a far parte del panorama.
Come risolvere questa piaga che minaccia non solo la natura, ma anche la vocazione turistica di Sant'Agata?
di Vincenzo De Rosa