Anche Sant'Agata ricordi la Grande Guerra e i suoi caduti

In memoria di Pasqualino Perna e degli altri ragazzi partiti al fronte

Ci sono storie sulla Grande Guerra che riguardano anche i ragazzi di Sant'Agata. In 122 morirono nel conflitto bellico di cui oggi si ricorda l'entrata in guerra

Sant'Agata de Goti.  

Settanta anni dalla Liberazione. Cento dall'entrata in guerra dell'Italia, da quel 24 maggio del 1915. Anniversari, date, numeri e ricorrenze più o meno sentite, più o meno importanti a seconda delle latitudini, delle regioni o delle appartenenze politico-partitiche. Come se l'Italia non fosse stata liberata tutta, come se l'Italia non fosse stata tutta ridotta a ridicola caricatura di se stessa dalla dittatura imposta dal regime fascista. Come se l'Italia non fosse entrata tutta in guerra nel 1915 per seguire un sentire che di popolare aveva ben poco.

Ma ci sono storie legate alla Liberazione d'Italia ed a quel tragico autunno del '43 che riguardano il nostro Sannio, le nostre colline ed i nostri ponti. Come ci sono storie che riguardano figli di questa terra che furono costretti a partire per combattere una guerra tanto lontana sulla carta geografica quanto sentita da quelle famiglie che al lontano fronte persero figli e mariti.

 

Storie di guerra.  

"Il 7 marzo del 1917, i Carabinieri scovano e ammazzano Alessandro Anderloni, ‘el Sandro’, 36 anni, vedovo, una figlia piccola di nome Norma. Sandro è richiamato alle armi poco prima dell’entrata in guerra. Sua moglie Maria è già morta, Norma ha solo due anni e viene affidata ad alcuni parenti. Sandro parte per raggiungere l’82esimo battaglione della milizia territoriale. Poco dopo, si ritrova sull’altopiano di Asiago, una manciata di chilometri da casa, ma un altro mondo, frastornante, incomprensibile, fetido di sterco e cadaveri, gremito di esistenze appese a fili di ragnatele". 

La storia di Sandro è ambientata nel profondo nord-est, ed a raccontarla è lo scrittore Wu Ming1 che per Internazionale ha lavorato ad uno speciale in tre puntate dedicato proprio ai cento anni della Grande Guerra. Mi ci sono imbattuto in queste settimane e mi ha colpito il racconto di fatti solitamente nascosti, cassati dalla storia che si legge e si impara a scuola.

"Dopo un anno e mezzo di inferno - continua il racconto di Wu Ming1 - il 28 settembre 1916, Sandro si allontana dal suo reparto e, camminando, torna in Lessinia. Si nasconde in contrada Negri. Da lì, ogni tanto, può andare a trovare la bimba. Cinque mesi più tardi, il rastrellamento e l’uccisione. Il verbale dei Carabinieri parla di un tentativo di fuga, il referto dell’ospedale militare di Verona parla di una revolverata al ventre. 

Nel luglio 1921 a Roverè si inaugura il monumento ai caduti. Subito diversi abitanti protestano, perché manca un nome: Anderloni Alessandro dov’è? Non è un caduto come gli altri? No, rispondono le autorità, perché è un disertore, e i disertori non vanno ricordati. A quel punto la polemica s’infiamma: il nome del Sandro viene aggiunto agli altri con vernice e pennello; il commissario prefettizio, tale Leopoldo Lioy, si arma di straccio e acetone e va di persona a cancellarlo; per tutta risposta, gli abitanti mandano al prefetto una petizione firmata da più di 600 capofamiglia, e intanto il nome viene inciso nella pietra. 

Ma siamo nella stagione dello squadrismo: una sera arriva un autocarro da Verona, con sopra una ventina di fascisti. Mentre minacciano e tengono a distanza gli abitanti di Roverè, uno di loro scalpella via il nome di Sandro, poi ripartono, sgommando, sghignazzando e sparando in aria, non prima di aver lasciato un cartello dove minacciano ritorsioni se qualcuno avrà l’ardire di riscrivere il nome di un vigliacco disertore, un traditore della patria. È il 5 agosto 1922".

 

La storia di Sandro raccontata così potrebbe sembrare lontana, eppure nel corso della Prima Guerra Mondiale l'esercito italiano giustiziò, senza processo, circa mille presunti disertori. Tra di loro potrebbe esserci uno "dei nostri". Uno dei tanti contadini ed operai di Sant'Agata de' Goti costretti a lasciare lavoro e famiglia per andare al fronte.

Magari qualcuno di questi ragazzi partiti dal Sannio incontrò proprio Sandro, o in qualche modo le loro vite si incrociarono.

 

La storia di Pasqualino Perna

Il 12 maggio del 1917 (due mesi dopo che i Carabinieri hanno ammazzato Sandro Anderloni) muore sul Carso per le ferite ripotate in battaglia (questo dicono gli atti ufficiali) Pasquale Perna. 

Pasqualino era nato a Sant'Agata de' Goti nel 1895. A farmi conoscere la sua storia è stato Gianfranco Mallardo, fotografo nato campano ma che oggi vive in Friuli, che ad Oslavia si era imbattuto dopo una lunga ricerca nella lapide del fratello di sua nonna, che da sempre gli aveva raccontato di Pasqualino, partito a diciotto anni e ritornato a casa morto sotto forma di una lettera scritta da un cappellano militare.

La foto di Pasqualino Perna, Gianfranco l'ha vista, in divisa, nel medaglione conservato dalla sua nonna. Altre notizie sono uscite fuori dopo, il suo atto di nascita, la sua parentela, il suo nome nei registri ministeriali.

E quel nome l'ho ritrovato in un opuscolo della Pro Loco di Sant'Agata, al numero 87 di un elenco che di nominativi ne conta 122.

122 sono i santagatesi caduti nella Grande Guerra. In quell'elenco ci sono tutti i cognomi della Sant'Agata di oggi, dalla "a" di Abbatiello alla “v” di Viscusi. 

Ragazzi. Perché il più grande era del 1879. Partiti e morti per una guerra che non era la loro.

Quando scrissi l'articolo su Pasqualino Perna, condivisi la proposta di Gianfranco Mallardo, quello di iscrivere i nomi dei ragazzi caduti al fronte sul Monumento ai Caduti di piazza Trieste a Sant'Agata de' Goti. Un gesto, forse ovvio, mai compiuto, e che dia un nome a quei morti. 

Leggendo gli atti ufficiali, si scopre che la maggior parte di quei ragazzi morì sul Carso. Come è possibile oggi pensare a cento anni di distanza che la Grande Guerra fu un affare del nord-est?

Tanti campani, beneventani e santagatesi andarono a morire in luoghi che in vita loro non avrebbero mai neanche sognato di vedere. E' importante ricordare la loro morte ed i loro nomi, per non dimenticare quello che significò per l'Italia in termini di vite umane quel conflitto. Oggi, 24 maggio, torno a condividere l'appello di Gianfranco Mallardo affinché la Città di Sant'Agata iscriva i nomi di quei ragazzi sul monumento di piazza Trieste.

Per ricordare. Non dimenticare i soldati che morirono nel Carso. Celebrare quei ragazzi, rintracciando le loro tombe, offrendo loro una corona di alloro. Riscrivere le loro storie, dove e come sono morti. 

 

Questioni meridionali 

L'Italia sarebbe ritornata in guerra. Nel '43 il Sannio sarà teatro delle rappresaglie dei tedeschi, prima padroni e poi carnefici.

Pietro Giorgione ha scritto un libro che si intitola Sanniti nella Resistenza. Contiene gli elenchi di chi da Benevento partì per il fronte durante la Seconda guerra mondiale.

Per ogni comune beneventano sono riportati i combattenti ed i partigiani. E tra le formazioni partigiane ci furono tanti sanniti. Ogni anno, il 25 aprile, a Benevento è possibile incontrarne due: Alfredo Festa e Giuseppe Crocco.

Perché, appunto la grande guerra fu anche meridionale. E meridionale fu la Resistenza. 

Per questo l’anniversario dell'entrata in guerra dell’Italia non può essere solo una ricorrenza. Per questo l’anniversario della Liberazione non può essere solo un corteo.

E per questo non si può pensare che si tratti di storie che riguardano solo una parte d'Italia.

 

Vincenzo De Rosa