Respinto dal Riesame l'appello presentato dal pm Maria Colucci contro il no del Gip ad una misura cautelare per otto delle quindici persone tirate in ballo dall'inchiesta della guardia di finanza sulle procedure di erogazione da parte dell'Asl dei presìdi riabilitativi, e sulle domande di pensione e accompagnamento.
In particolare, il Pm avrebbe voluto gli arresti domiciliari per Antonio Falato (avvocati Vincenzo Sguera ed Emilio Perugini), di Calvi, impiegato addetto all'Ufficio assistenza riabilitativa, Ennio Nardone (avvocato Antonio Nobile ), di San Giorgio del Sannio, titolare di 'Ortopedia insieme' e dell'omonima ditta individuale, e Nadia Nava (avvocato Antonio Leone), di Colle Sannita, socio accomandatario di 'Sannio Ortopedia', ai quali erano stati invece applicati la sospensione per 12 mesi dall'esercizio di un pubblico ufficio, poi revocata, per Falato, e il divieto per 12 mesi a contrattare con la pubblica amministrazione, per Nardone e Nava.
Gli arresti domiciliari erano stati proposti anche per Daniele Colucci (avvocati Leone e Francesco Del Grosso), di Colle Sannita, socio accomandante di 'Sannio Ortopedia', i dottori Gennaro Lerro (avvocato Sergio Rando), di Pietrelcina, e Andrea Novelli (avvocati Arturo Spinazzola e Antonio Castiello), di San Nazzaro, per i quali non era stata disposta alcuna misura, e il dottore Nunzio Varricchio (avvocato Umberto Del Basso De Caro), chiamato in causa per il capitolo relativo a pensioni di invalidità e indennità di accompagnamento, al pari di Gennaro Fragnito (avvocato Sguera), di Benevento, dipendente Asl in forza all'Uoc – ufficio Affari legali, per il quale il Pm aveva chiesto il divieto di dimora.
Secondo gli inquirenti, Varricchio e Fragnito avrebbero ricevuto, o accettato la promessa di ricevere, per se stessi e per consegnare a terzi i soldi che avrebbero sborsato i cinque figli e nipoti, indagati per concorso in corruzione – risiedono tra di Paduli, Benevento, Campolattaro e San Leucio del Sannio- delle persone che avevano chiesto, appunto, pensioni e accompagnamento.
Si tratta di Francesco. P., Giovanna.D.M., Paolo P., Cristina E. e Anna. C., per la cui difesa sono impegnati agli avvocati Mario Feo, Paolo De Iorio, Sguera, Vittorio De Angelis, Marcello D'Auria e Giovanni Carpenito.
Il Riesame sottolinea che nel corso delle indagini “non è emerso alcun collegamento o contatto tra gli indagati e i componenti delle commissioni esaminatrici, né che gli stessi abbia potuto realmente e concretamente fare qualcosa per agevolare le pratiche. E' evidente come Fragnito e Varricchio, per i quali non è configurabile l'ipotesi di corruzione per atti contrari al loro ufficio, abbiano solo vantato di poter esercitare un'influenza per garantire il buon esito delle pratiche, e che le loro condotte sarebbero rientrate, prima dell'abrogazione, nel milllantato credito corruttivo, devono essere qualificate in termini di truffa”.
Oltre che per le persone già ricordate, venerdì è in programma l'udienza preliminare anche per Maurizio Pizzella (avvocati Sergio Rando e Paola Reale), di San Nicola Manfredi, socio di 'Sannio Ortopedia', e Giuseppa Iadanza (avvocati Fabio Russo e Daniele Bonavita), di Benevento, indicata come procacciatrice di pratiche.
Le accuse vanno, a vario titolo, dalla corruzione alla truffa ed al falso, e riguardano fatti che si sarebbero verificati dal 2019 al 2021.
Gli inquirenti sono convinti di aver ricostruito il modus operandi attraverso il quale sarebbe stato aggirato l'iter previsto per consentire l'assegnazione delle forniture di protesi ed ausili alle due ditte. Il punto di partenza sarebbe stato, al momento delle prescrizione, il mancato inserimento dei codici previsti dal tariffario, per non rientrare negli elenchi relativi al bando di gara aggiudicato dall'Asl ad un imprenditore napoletano, che stava operando in regime di proroga.
Dopo la scelta della sanitaria, sarebbero stati inseriti i codici di presìdi corrispondenti in realtà a beni diversi, con costi nettamente superiori rispetto a quelli a cui i pazienti avrebbero diritto e a quelli effettivamente forniti. Un meccanismo sotteso da un presunto giro di soldi, quantificato nel 20-30% del valore di ogni pratica autorizzata e liquidata. Per le sanitarie chiamate in causa il volume di affari nei tre anni avrebbe raggiunto, complessivamente, l'importo di oltre 1 milione e 300mila euro, con un profitto, definito illecito, che ammonterebbe a oltre 400mila euro.