Se ne è andato per sempre oltre 19 anni fa, e Dio solo sa quanto sia pesante l'assenza del suo pensiero, libero e dissacrante. L'avvocato Francesco Romano, per tutti Don Ciccio, non aveva alcun problema ad esprimerlo, soprattutto di fronte a forme di manierismo conformistico dietro le quali si nasconde il timore di esporsi pubblicamente. Lui l'aveva sempre fatto, mettendoci la faccia e rischiando, con la passione che lo contraddistingueva.
Militante del movimento socialista, non aveva mai fatto mancare il suo contributo ideale sulle questioni che attanagliavano la città. Amava la professione, aveva una cultura vastissima ed una curiosità illimitata: vasi comunicanti che avevano nutrito una personalità come poche. Adorava il quartiere Triggio, dove, ora, c'è una strada che porta il suo nome.
Ieri sera la cerimonia di intitolazione, presenti la moglie, i figli Antonio Bruno, Gianfranca e Fiorella, il sindaco Clemente Mastella, l'assessore Molly Chiusolo, amici e consiglieri comunali: un ruolo quest'ultimo, che lui aveva svolto per tanti anni, al pari di quello dell'Ordine forense. “Un combattente della toga”, lo avevano definito così quando era stato commemorato in Tribunale.
Il mio ricordo è legato agli incontri sotto il porticato del palazzo di giustizia, prima delle udienze. Sapeva di essere atteso in aula, ma sapeva anche che nessuno si sarebbe rizelato del suo ritardo per il rispetto che aveva conquistato dopo averlo dato a tutti. Aveva una biblioteca sterminata, gli piaceva scrivere. “Enzo, posso inviare al giornale un mio articolo su piazza Duomo?”, mi chiedeva. Don Ciccio, quanto mancano quei tuoi articoli.