Una mansarda per ospitare il latitante Silvio Sparandeo, reati prescritti

Processo chiuso per il 56enne catturato nel febbraio del 2013 e un 31enne

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Benevento.  

Quel giorno, il 22 febbraio del 2013, i carabinieri lo avevano scovato nella mansarda di un palazzo di tre piani in via Fratelli Addabbo, mettendo la parola fine alla sua latitanza. Durava da otto mesi, dall'8 giugno del 2012, quando Silvio Sparandeo, ora 56enne, di Benevento, aveva fatto perdere le sue tracce in occasione del blitz della Dda, della Squadra mobile e dei carabinieri della Compagnia di Montesarchio, contro il clan Pagnozzi e le sue ramificazioni nella provincia di Benevento. Ventiquattro le ordinanze di custodia cautelare con accuse a vario titolo, una a carico dell'allora 48enne.

I militari lo avevano sorpreso mentre stava dormendo in un appartamento abbastanza spoglio, nel quale erano stati trovati computer, una sfilza di telefoni cellulari con relative schede, alcuni documenti falsi. Una vicenda finita al centro di un processo che si è chiuso questa mattina dinanzi al giudice Simonetta Rotili, che ha dichiarato l'intervenuta prescrizione dei reati di favoreggiamento, possesso di documenti falsi e falso.

Il primo addebito riguardava un 31enne di Benevento, difeso dall'avvocato Fabio Russo, che aveva fittato a suo nome l'appartamento di proprietà di una società, gli altri Silvio Sparandeo (avvocato Vincenzo Sguera, sostituito dal collega Gerardo Giorgione), al quale erano stati sequestrati una carta d'identità valida per l'espatrio, una patente di guida ed una tessera sanitaria con la sua foto: documenti tutti intestati ad un'altra persona e mai rilasciati.