Ucciso a colpi di pistola dinanzi casa, carcere a vita per Massaro e Nasta

Nel luglio del 2018 il delitto di Giuseppe Matarazzo, 45 anni, di Frasso Telesino

ucciso a colpi di pistola dinanzi casa carcere a vita per massaro e nasta

Condannati un 57enne di Sant'Agata dei Goti che avrebbe fornito la sua 357 Magnum e la Croma che avrebbe guidato un 32enne di S. Felice a Cancello

Benevento.  

 

Ergastolo. E' la pena stabilita dalla Corte di Assise (presidente Daniela Fallarino, a latere Simonetta Rotili più i giudici popolari) per Giuseppe Massaro, 57 anni, di Sant'Agata dei Goti, e Generoso Nasta, 32 anni, di San Felice a Cancello, riconosciuti responsabili dell'omicidio di Giuseppe Matarazzo, il 45enne pastore, di Frasso Telesino, che la sera del 19 luglio era stato ucciso a colpi di pistola dinanzi alla sua abitazione alla contrada Selva.

Per entrambi anche il risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, ed una provvisionale di 20mila euro in favore di ciascuna delle tre parti civili: padre, madre e sorella della vittima.

Pochi minuti fa, dopo una camera di consiglio andata avanti per due ore e mezza, la lettura del dispositivo: accolta la richiesta del pm Francesco Sansobrino e delle parti civili, rappresentate dagli avvocati Antonio Leone e Tullio Tartaglia, non quella dei difensori: gli avvocati Angelo Leone e Mario Palmieri, per Massaro, Orlando Sgambati e Angelo Raucci, per Nasta, che avevano sollecitato l'assoluzione dei loro assistiti, oggi collegati in videoconferenza dai carceri dei quali sono ospiti. Prima che i giudici si ritirassero, lo aveva fatto l'avvocato Palmieri – sua la discussione finale -, che aveva insistito su una serie di temi.

Massaro è accusato di aver fornito la 357 Magnum, detenuta legalmente, e ritrovata dopo un mese dai carabinieri nella cassaforte di casa, che avrebbe fatto fuoco, e la Croma che avrebbe guidato Nasta. Un'arma sulla quale si è consumato uno scontro a colpi di consulenze di parte (Giuseppe Cristofaro, per il Pm, Felice Capaldo per le parti civili), con valutazioni diametralmente opposte. Poi la decisione della Corte di affidare a Gaetano Rizza l'incarico di una perizia sulla pistola: un lavoro sfociato nell'affermazione che quella 357 è la stessa che ha sparato, ulteriormente contrastata dai legali e dai consulenti (Alberto Panza, Felice Nunziata e Biagio Manetto) di Massaro.

Nel mirino le contraddizioni nelle quali sarebbe incappato Rizza in merito al corretto allineamento tra il proiettile test e quello repertato, alla mancata indicazione del numero delle strie, al mancato confronto, per stabilire se fossero tutti della  stessa pistola, tra i vari proiettili sequestrati.

Attenzione puntata, sempre per Massaro, “sull'assenza di un movente che non può essere né quello economico prospettato- i 13mila euro che avrebbe ricevuto- né la vendetta, perchè Massaro non aveva alcun motivo di astio nei confronti di Matarazzo”, che, un mese prima di essere ammazzato, aveva terminato di scontare una condanna a 11 anni e 6 mesi perché riconosciuto responsabile di abusi sessuali ai danni della 15enne che il 6 gennaio del 2008 si era tolta la vita impiccandosi ad un albero. Una vicenda terribile che gli inquirenti ritengono faccia da sfondo al delitto.

E ancora: i dubbi sui dati del Gps della Croma, su una testimone (“Riconosce un veicolo di colore marrone come quello che aveva rischiato di finire contro il cancello della sua casa, mentre la Croma è nera o grigio antracite”), la mancanza “di un'attività investigativa sulle piste alternative” che pure si erano profilate. Come quella contenuta in una intercettazione, non trascritta, inviata dalla Dda alla Procura di Benevento, relativa ad un santagatese che, parlando con un interlocutore, aveva affermato di aver ricevuto la proposta di uccidere Matarazzo per 20mila euro. Lui aveva rifiutato, il suo interlocutore avrebbe poi contattato i “guagliuncielli” ed un altro uomo, al quale avrebbe dato 25mila euro.

Quanto a Nasta, i suoi difensori avevano soprattutto battuto i tasti della “lacunosità delle indagini” e “delle numerose incongruenze emerse dall’esame della testimone oculare”, principale teste d’accusa. Le sue dichiarazioni “si caratterizzano per profili di genericità nella fase delle indagini (è lei stessa, infatti, a dire di non essere sicura del riconoscimento effettuato, dando la percentuale del 70/80%”).Inoltre, “nell’indicare il momento in cui avrebbe visto e memorizzato i tratti somatici del soggetto alla guida dell’auto, parla di una manovra di retromarcia che rappresenta l’antefatto della successiva individuazione fotografica”. Una manovra di retrocessione “che è, tuttavia, seccamente smentita dal Gps e, indirettamente, dalle deposizioni rese dai carabinieri”.

Oggi pomeriggio la sentenza della Corte - la figlia di Massaro ha accusato un lieve malore- su un omicidio che avrebbe come movente la vendetta, rispetto al quale mancano ancora il mandante ed il killer.