Concorsi: investigatore in aula, quel trojan nello smartphone di De Matteo

Selezioni per l'accesso alle forze dell'ordine, via all'esame del capitano Iannuzzo

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Benevento.  

Sedici su cinquantatre capi di imputazione. Li ha passati in rassegna, attraverso le domande del pm Francesco Sansobrino, il capitano della guardia di finanza Carlo Iannuzzo, ascoltato oggi nel processo a carico delle cinque persone spedite a giudizio nell'inchiesta sui concorsi per le forze dell'ordine. L'ufficiale ha ripercorso l'avvio  e gli sviluppi dell'indagine – l'esame del Pm proseguirà il 19 ottobre, poi toccherà alla difesa ascoltare le sue risposte-, supportata da intercettazioni ambientali e telefoniche, operate anche con l'uso del trojan installato nello smartphone di Antonio De Matteo (avvocato Antonio Leone), 69 anni, di Benevento, funzionario in pensione dei vigili del fuoco.

Con lui ci sono a processo il viceprefetto Claudio Balletta (avvocato Bruno Naso), 66 anni, di Roma, dirigente presso il Dipartimento dei vigili del fuoco, Giuseppe Sparaneo (avvocato Gerardo Giorgione), 52 anni, anch'egli funzionario, in servizio, dei vigili del fuoco di Benevento, Antonio Laverde (avvocato Mauro Iodice), 45 anni, originario di Benevento ma residente a Fonte Nuova, in provincia di Roma, maresciallo della Finanza in servizio al Comando generale, e Vito Russo (avvocati Vincenzo Sguera e Francesca Golia)), 40 anni, di Benevento, carabiniere in forza a Roma.

Associazione per delinquere (contestata a Balletta, De Matteo e Sparaneo) e corruzione le accuse, attenzione puntata su un presunto giro di denaro per le selezioni di accesso – anche quelle ancora non pubblicate – a vigili del fuoco, finanza, polizia e carabinieri. Rito ordinario invece per altre tre persone, anche loro colpite all'epoca - il 12 giugno del 2020- da una misura

Vastissima la platea dei beneficiari – candidati e loro familiari -, per i quali si procede separatamente. Numerosi gli episodi 'vomitati' dalla cimice piazzata nelll'apparecchio di De Matteo, a cominciare da quello del 4 luglio del 2019, quando Sparaneo e De Matteo, mentre stavano andando in auto a Roma, erano stati fermati, all'altezza del casello di Castel del Lago, dalla guardia di finanza, che li aveva già messi nel mirino, per un controllo, solo apparentemente di routine. I militari avevano perquisito la macchina, chiedendo cosa ci fosse in quelle due buste sistemate nell'abitacolo.

Una conteneva salsicce e braciole, dall'altra erano spuntate tre mazzette da 5mila euro, ciascuna corredata dal nome dei vincitori di un concorso. De Matteo e Sparaneo si erano presentati come colleghi alle fiamme gialle, il secondo aveva spiegato che il denaro serviva alla figlia che a Roma aveva cambiato casa. Una motivazione che pensavano avesse convinto i finanzieri, che, dopo aver evidentemente fotografato quanto rinvenuto, li avevano lasciati andare senza problemi.

Loro erano ripartiti, convinti di averla fatta franca, alla volta della Capitale, perchè salumi e soldi erano destinati, sostiene l'accusa, a Balletta.