Ehi, voi: fino a quando abuserete della nostra pazienza?

Pubblica amministrazione e rapporto con il cittadino

ehi voi fino a quando abuserete della nostra pazienza
Benevento.  

Ehi, dico a voi. Sì, mi rivolgo proprio ad alcuni di voi che sedete su uno scranno, più o meno grande, di un'amministrazione pubblica: fino a quanto abuserete della nostra pazienza, già ripetutamente e duramente messa alla prova?

Domanda che suona come retorica e rimanda ad un giudizio generalizzato che va ovviamente messo al bando, ma che si pone chiunque abbia a che fare, o abbia avuto a che fare con alcune delle figure mitologiche che spuntano attraverso il vetro divisorio di uno sportello di un qualsiasi ufficio. Gente con l'aria mediamente stanca ed annoiata, che ha stampata sul volto l'espressione di chi, in quel momento, vuole darti l'impressione di farti un piacere mentre ascolta le tue richieste.

Ce ne sono tanti in giro, purtroppo, come sanno coloro che li hanno incrociati sul loro cammino. Costretti a fare i conti anche con la lungaggine e la farraginosità delle procedure, con le attese e, magari, con una cassa automatica che quel giorno, non funzionando, li ribalta all'esterno, in strada, a caccia di un ufficio postale o di una ricevitoria nei quali pagare un conto corrente, a sborsare un importo che, pur essendo già stato versato, è sbagliato, e non per colpa degli utenti.

Come è capitato ad una persona che, dopo aver aspettato pazientemente il suo turno, ha scoperto suo malgrado di essere stata indotta in errore. Il malcapitato ha provato a spiegare le sue ragioni, si è sentito rispondere con tono perentorio che avrebbe dovuto immediatamente allontanarsi perchè la fila si stava pericolosamente allungando di fronte alle sue domande rimaste senza risposta, alle sue legittime rimostranze. Una vera intimazione,uah.

Lei è vittima di un doppio errore, ha detto al poverino, infine, un dirigente di quell'ufficio dopo essersi reso conto di ciò che era accaduto. Parole consolatorie, comunque un gesto apprezzabile di fronte alla pessima educazione del tizio dietro al bancone. Che, evidentemente, ha maturato nel tempo, forte della inamovibilità garantita anche dalle protezioni corporative, che quello spazio sia ormai casa sua, il luogo nel quale può fare tutto, anche sfanculare il povero cristo che gli si para di fronte perchè ha un problema e la necessità di risolverlo.

Al tizio non importa un fico secco che quel cittadino abbia magari viaggiato, e che nella tua testa frullino pensieri intrisi di preoccupazione. Lui è lì, autentico totem dell'inefficienza e di una assenza di capacità di relazionarsi con il pubblico. E' vero: non succede, naturalmente, solo nelle amministrazioni pubbliche e con tutti i loro dipendenti, ma chi conosce la vita reale è consapevole che in una azienda privata è molto più complicato che certi atteggiamenti vengano accettati e passino sotto silenzio.

Dovrebbe andare così anche nei settori di competenza dello Stato, ma è una missione praticamente impossibile da portare a termine. Servirebbe una rivoluzione: non quella annunciata nelle riunioni sindacali e per il rinnovo del contratto. Nel quale, ad esempio, potrebbe essere inserita una clausola che reciti: non saranno più tollerati certi atteggiamenti nei confronti dei contribuenti, pena.... Scegliete voi, se vi va, quale dovrebbe essere: io una mezza idea ce l'ho già da tempo.