Riceviamo e pubblichiamo un intervento dell'avvocato Gino De Pietro.
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"Un attimo dopo la conversione del decreto sul green pass, il Governo ha approvato un decreto legge su quello che, immediatamente, è stato chiamato suggestivamente “super green pass”, obbligatorio dal 15 ottobre per tutti i lavoratori, del settore pubblico come di quello privato. Contentino al povero Salvini, che sembra sempre più lo scolaretto svogliato da portare per le orecchie a scuola, il prezzo “calmierato” dei tamponi e l’estensione della loro durata a 72 ore.
Letture del provvedimento: Salvini si vanta di aver così evitato l’obbligo vaccinale; la sua “alleata” Meloni attacca dicendo che si tratta di un obbligo vaccinale occulto e “gufa” contro; alcuni ministri, anch’essi “alleati”, attribuiscono l’intera paternità del provvedimento e della filosofia che lo ispira al presidente Draghi, scaricandogliene ogni responsabilità. Davvero una bella compagine di “responsabili”, se così si può dire.
Poi ci sono le consuete anime belle che, dopo due anni di pandemia, milioni di morti, centinaia di milioni di ammalati, miliardi di vaccinazioni, parlano ancora di persuasione, accompagnamento, comprensione verso chi, poverino, non si è ancora vaccinato per non vinti timori di cui tutto il mondo sarebbe responsabile meno loro stessi. Buonisti e paternalisti, non si stancano mai di ripetere la stessa solfa evitando di guardare la realtà, che è, da sempre, loro “nemica”.
Il “super” green pass non vale l’obbligo vaccinale, per molteplici ragioni che provo a riassumere.
In primo luogo si può ottenere senza vaccinarsi, facendo un tampone a prezzo calmierato ogni 72 ore, alias ogni tre giorni. Il calmieramento del prezzo significa che una parte del prezzo viene scaricato sulla finanza pubblica, per cui i cittadini che si sono vaccinati pagano anche per far pagare meno il tampone a quelli che, ostinatamente, non vogliono farlo, aspirando a lucrare l’immunità di gregge a carico degli altri. Un atteggiamento antisociale, invece di essere osteggiato, viene foraggiato a carico degli altri: un pessimo esempio di ingiustizia e di incapacità nell’orientare i processi sociali.
In secondo luogo, per quanto calmierato, il tampone ha un costo che, ripetuto ogni tre giorni, diventa rapidamente proibitivo per i cittadini a medio e basso reddito e, quindi, la norma favorisce gli abbienti e discrimina i meno abbienti. Che ciò possa far piacere ai privilegiati è comprensibile, si capisce meno perché piaccia ai discriminati: che sia in corso un’impennata di masochisti?
In terzo luogo, mentre il vaccino, secondo le evidenze scientifiche, fa calare la diffusione del contagio, rende meno probabile lo sviluppo della malattia quand’anche avvenga ed esclude quasi completamente gli effetti gravi e letali nel caso di affezione, il tampone è solo la prova che, in quel momento, non si è contagiati, potendo diventarlo poche ore dopo. La differenza salta agli occhi e chi non la vuol vedere è come la scimmietta che si copre gli occhi. Che ce ne siano è, purtroppo, normale, che facciano i primi violini d’orchestra è patologico e fa esclamare shakespearianamente che “C’è qualcosa di marcio in Danimarca!”.
Ma non terminano qui i difetti di impostazione della linea seguita.
Imporre il green pass solo ai lavoratori rischia di creare un’ulteriore, grave, frattura tra la parte più ricca ed evoluta del paese e la parte più povera, dove la disoccupazione raggiunge tassi elevatissimi e che coincide, guardacaso, con la parte che già oggi vede una percentuale più bassa di vaccinati.
Mentre nel centro- nord, il tasso di disoccupazione si attesta ad una cifra in linea ed a volte inferiore alla media europea, nel sud e nelle isole il tasso è doppio e talvolta triplo di quello medio nazionale, con la conseguenza che l’estensione dell’obbligo di green pass non avrà alcuna funzione di stimolo nei confronti di costoro, che sono una parte rilevantissima dei non vaccinati, determinando l’ennesima differenza tra Centro-Nord e Sud a danno di quest’ultimo.
Inoltre, finchè non sarà stabilito l’obbligo vaccinale degli studenti secondo le indicazioni della comunità scientifica, non saremo in grado di spegnere il potenziale focolaio di diffusione costituito dalle scuole, esponendo i ragazzi al terzo anno di dad, che non si evita con gli scongiuri o le promesse solenni, ma coi provvedimenti concreti.
Dopo molti anni c’è un’affermazione di Renzi che mi vede del tutto concorde e riguarda la necessità di escludere nelle scuole le quarantene per i vaccinati: non solo è giusto e conforme a quanto emerge dalle evidenze scientifiche, ma servirebbe anche a spingere verso la vaccinazione generalizzata degli studenti. Spero che, a breve, il Governo provveda a far venir meno questa ingiustificata ed illegittima equiparazione che penalizza gli studenti vaccinati e le loro famiglie, equiparandoli ingiustamente ai riottosi antisociali.
Merita ritornare sul problema dei mezzi di trasporto pubblico, sui quali non è obbligatorio il green pass asseritamente per impossibilità di effettuare il controllo generalizzato. Se si fosse stabilito l’obbligo vaccinale, anche questo problema – che è di notevole importanza, costituendo i mezzi di trasporto locale, di cui si avvalgono studenti e lavoratori, un importante focolaio di diffusione del virus, si sarebbe risolto da solo. Ma, visto che prevalgono gli spiriti “liberi” (per così dire), allora si sarebbe dovuto comunque introdurre almeno l’obbligo di green pass, prevedendo un rafforzamento dei servizi di controllo a bordo. Mi viene in mente anche un nucleo, tra i tanti possibili, di soggetti utilizzabili a tale scopo: i famosi navigator, che a nulla sono serviti finora. La loro formazione alla nuova funzione – che, a mio parere, non dovrebbe richiedere più di qualche ora – potrebbe essere affidata ad una commissione presieduta dal segretario Landini che, così, avrebbe meno tempo per rincorrere la destra estrema sul suo terreno proprio e potrebbe rendersi utile per qualche mese alla società. Se poi si andasse a (ri?)leggere qualche testo dei suoi predecessori, ad esempio Bruno Trentin o Sergio Cofferati, per non andar troppo lontano, forse potrebbe anche rendersi utile ai lavoratori, ai disoccupati, agli studenti e alle famiglie, come normalmente dovrebbero fare i sindacalisti.
Lo scenario concreto non è dei più incoraggianti, specie per il Mezzogiorno: un’impennata dei contagi derivante dalla minore percentuale di vaccinati e dall’inefficacia del “super green pass”, per le ragioni sopra accennate, porterebbe immediatamente i ricoveri al di sopra dei tassi soglia facendo passare le regioni in fasce con maggiori restrizioni, determinando la chiusura delle scuole e delle attività sociali e produttive, precipitandoci, per la terza volta, in una situazione di lockdown: niente sport, niente cinema o teatro, niente scuola, niente uscite, niente ristorante o bar, niente fine settimana, niente vita civile. Di nuovo licenziamenti a pioggia, ragazzi chiusi in casa, ospedali pieni e indisponibili per le cure ordinarie, recessione, aumento della disoccupazione, incremento delle patologie anche psichiche correlate al confinamento forzato.
Questa volta il presidente del Consiglio, distinguendosi dal Presidente della Repubblica e ignorando i segnali fortissimi provenienti dai cittadini e dalla stragrande maggioranza dell’opinione pubblica, è stato troppo timido, partorendo un provvedimento che entrerà in vigore fra circa un mese, in pieno autunno, e che non ha l’efficacia necessaria a condurre il paese ad un porto sicuro.
Quando si guida un paese non si può accontentare tutti, specie quando questi stessi non hanno le idee chiare e vogliono tutto e il contrario di tutto, ma bisogna scegliere una chiara direzione di marcia e assumersi le conseguenti responsabilità.
È proprio quello che è mancato questa volta. Speriamo bene!".