Eseguita dai carabinieri la misura della sospensione per dodici mesi dall'esercizio delle funzioni disposta dal Riesame, a marzo, nei confronti di Francesco De Laurentiis (avvocato Andrea De Sanctis), 61 anni, di Benevento, e Giovanni Tretola (avvocato Vincenzo Gallo) , 46 anni, di Sant'Angelo a Cupolo, due funzionari della Gesesa chiamati in causa dall'inchiesta sull'inquinamento dei fiumi, rimbalzata all'onore delle cronache il 15 maggio dello scorso anno.
L'identica misura era stata stabilita dal Riesame anche per Piero Ferrari (avvocato Marcello D'Auria), 56 anni, di Roma, all'epoca amministratore delegato Gesesa, ma la Cassazione l'ha annullata senza rinvio, a differenza di quanto accaduto per gli altri due. Anche se per De Laurentiis è stato comunque deciso l'annullamento, con rinvio al Riesame, per un solo capo di imputazione.
I tre facevano parte di un elenco di otto persone per le quali il sostituto procuratore Assunta Tillo aveva chiesto una misura cautelare – arresti domiciliari e divieto di dimora -. Il gip Loredana Camerlengo aveva però detto detto no, innescando il ricorso del Pm al Riesame, che l'aveva accolto, però, solo per Ferrari, De Laurentiis e Tretola, nei confronti dei quali aveva disposto la sospensione. Confermata dalla Cassazione per De Laurentiis e Tretola, non per Ferrari.
Come si ricorderà, i carabinieri avevano operato il sequestro di dodici depuratori, pc, telefonini e documenti, tirando in ballo, complessivamente, trentatre persone: sindaci, dirigenti e tecnici comunali, amministratori, dirigenti e dipendenti della Gesesa, titolari e operai di società, titolari e addetti di laboratori di analisi, tecnici Arpac.
“Con riferimento all’attualità delle esigenze cautelari – si legge in una nota del procuratore Aldo Policastro, che fa riferimento alla decisione del Riesame-, non può certo farsi riferimento al fatto che, relativamente agli impianti per cui oggi si procede, le medesime condotte illecite non possano più essere reiterate in quanto i depuratori sono stati sequestrati, stavolta, senza facoltà d ‘uso, ma ovviamente all’evenienza che, attualmente, gli indagati si trovino in contesti in cui analoghi comportamenti delittuosi possano, alla bisogna, essere realizzati anche in adempimento di politiche aziendali quale quella messa in luce dalle indagini.”.
Conclusioni che “sono state confermate dalla Suprema Corte di Cassazione la quale, di converso, ha annullato senza rinvio l’ordinanza impugnata dall’Amministratore Delegato dell’epoca, limitatamente alle esigenze cautelari, riconoscendo la sussistenza della gravità indiziaria a suo carico”.