La domenica, si sa, è un giorno particolare anche per chi ritiene di fare il giornalista. E' un giorno festivo, il pensiero corre alle paste da comprare, alla passeggiata lungo il Corso per spettegolare su questo e su quello, mentre ogni tanto si compulsa la posta elettronica nella speranza che arrivi qualche comunicato stampa che serva a riempire bacheche virtuali e colonne desolatamente vuote, prive anche del 'solito tozza -tozza tra auto senza feriti'. Magari ce n'è stato anche qualcuno, che non ha rimbalzo mediatico perche un barelliere è fuori servizio.
Poi, all'improvviso, ecco la cronaca irrompere con una storia drammatica, sconvolgente: racconta la morte di una donna che non ha sopportato la perdita del figlio. E' ora di pranzo, i piedi sono già allungati sotto il tavolo, l'odore del ragù si diffonde nell'aere ed anestetizza le narici di chi dovrebbe fiutare e capire il senso ed il peso di una vicenda. E invece niente: qualche scopiazzatura, nessuna reazione, al massimo un boxino che punta a inquadrare come irrilevante quel caso. Senza immaginare che quella storia, con il suo pesantissimo fardello, ha già richiamato l'attenzione di decine e decine di migliaia di persone.
Massì, che volete che sia, in fondo si è trattato di un suicidio come tanti, si sono giustificati coloro che hanno tentato di minimizzare. Gli stessi che il giorno dopo, irrimediabilmente eccitati ed attratti da una velina della polizia municipale, si sono gettati a capofitto sull'occupazione abusiva dell'appartamento della donna. Protagonista del gesto, da censurare e sanzionare, una giovane con il figlioletto di pochi mesi. Che occasione, caspiterina: indice puntato contro la 'cattiva', titoloni e indignazione spruzzata a più non posso, nel segno di quel putrido moralismo che infierisce su una disperazione e fa finta che non ce ne siano altre.
Ah, a proposito: avete digerito la pasta con il ragù?