Usura, quelle registrazioni fatte con telefonino e microspia

Disposta una perizia, a novembre il processo per cinque persone arrestate a gennaio

usura quelle registrazioni fatte con telefonino e microspia
Benevento.  

Le ha dichiarate allo stato ammissibili ed ha ordinato che vengano periziate, affidando l'incarico ad uno specialista che dovrà analizzare quelle registrazioni. File contenenti una serie di colloqui, memorizzati da un telefonino munito di una microspia. L'avvocato Angelo Leone, con argomentazioni condivise dagli altri difensori – gli avvocati Antonio Leone, Grazia Luongo, Gerardo Giorgione e Claudio Fusco – , ne aveva sollecitato l'inutilizzabilità, puntando il dito contro la mancanza dell'indicazione della tipologia di 'intercettazione', ma il Tribunale è stato di diverso avviso, ritenendo che si tratti di registrazioni operate da un privato anche se con il supporto di una 'cimice' e di un servizio gestito dalla Rcs.

E' la novità di rilievo emersa dalla prima udienza del processo, fissato nelle forme del giudizio immediato dopo la richiesta del pm Giulio Barbato, a carico delle cinque persone di Benevento arrestate il 14 gennaio nell'inchiesta antiusura (contestate anche l'estorsione e la tentata estorsione) condotta dalla squadra mobile e dalla guardia di finanza.

Si tratta di Vincenzo Collarile, 62 anni, Pasqualino Parrella, 42 anni, Armando Piscopo, 45 anni, Ivano Nizza, 47 anni, e Cosimo Parrella, 46 anni. Tutti erano finiti nel carcere di contrada Capodimonte, che avevano lasciato dopo diciannove giorni: il 2 febbraio, infatti, il Riesame aveva attenuato la misura a loro carico, disponendo i domiciliari.

Nel mirino degli inquirenti, come è noto, le 'attenzioni' che sarebbero state riservate al titolare di un agriturismo che aveva denunciato di aver subito minacce di morte e intimidazioni, e di essere stato costretto a sborsare interessi ritenuti usurari sulle somme avute in prestito per l'impossibilità, dovuta ad un protesto, di accedere al credito bancario.

Addebiti che Piscopo, Nizza e Cosimo Parrella avevano respinto durante l'interrogatorio, definendosi tutti amici di vecchia data della parte offesa: in un caso, un legame addirittura fraterno, suggellato dagli auguri di Capodanno. In particolare, Piscopo aveva ammesso di avergli prestato nel 2011 la somma di 2mila euro, che l'interessato gli aveva restituito in due tranche da 1000 euro ciascuna, e senza alcun interesse usurario, ed aveva precisato il contenuto di una intercettazione, affermando che era stato l'imprenditore a chiedergli di fare da tramite con terze persone alle quali doveva dei soldi.

Nizza aveva escluso di avergli mai prestato denaro ed aveva rivendicato di essere creditore di 800 euro – l'anticipo di una festa che non si era più svolta – e di 750 euro, un importo legato alla vendita di un motorino, mentre Cosimo Parrella aveva fatto presente che il suo stato economico non gli consentiva certo di poter prestare soldi, e di non aver mai saputo che lo zio (Collarile ndr) lo avrebbe fatto.

Scelta opposta, invece, per Collarile e Pasqualino Parrella, che si erano invece avvalsi della facoltà di non rispondere.

Due le parti offese, una delle quali si è costituita parte civile con l'avvocato Luca Guerra in un processo che proseguirà il 5 novembre, quando saranno ascoltati, tra gli altri, il titolare dell'agriturismo e il rappresentante dell'associazione Alilacco

Nell'indagine, scandita anche dalla richiesta di sequestro dei beni di Piscopo, alla quale avevano detto no sia il gip Palmieri, sia il Riesame sono coinvolte altre dieci persone, per favoreggiamento.