Archiviata dal gip Vincenzo Landolfi, in linea con la richiesta della Procura, alla quale si erano oposte le parti offese, l'inchiesta a carico di tre medici del Rummo, difesi dagli avvocati Marcelllo D'Auria e Roberto Prozzo, chiamati in causa per la morte di un 64enne di Paolisi, avvenuta il 21 novembre del 2018.
Secondo una prima ricostruzione, affetto da un problema urologico e da uno stato febbrile, il paziente, già in cura presso l'ospedale di Sant'Agata dei Goti, era stato trasportato dal 118, il 21 novembre, al pronto soccorso del Rummo, dove era arrivato nella tarda mattinata. Il malcapitato era stato successivamente sottoposto ad un'ecografia, accusava anche difficoltà respiratorie. Dopo alcune ore era stato trasferito nel reparto di medicina d'urgenza, dove in serata il suo cuore aveva smesso di battere per sempre.
L'indagine era stata aviata dopo la denuncia dei familiari, rappresentati dagli avvocati Carmen Esposito, Vittorio Fucci, Angelo De Nicolais e Isidoro Taddeo.
Dopo aver ricordato le conclusioni del medico legale Lamberto Pianese, che aveva eseguito l'autopsia si incarico del sostituto procuratore Marilia Capitanio, non ravvisando l'esistenza di profili di colpa per i tre sanitari, il giudice sostiene che “nel caso di specie, la sussistenza del nesso di causalità non potrebbe comunque essere affermata con "elevato grado di credibilità razionale o probabilità logica". Anche a voler ammettere, infatti, che l'operato degli indagati non fu conforme alle leges artis (ed occorre in ogni caso ribadire che non risultano neppure specificate dai consulenti tecnici delle persone offese le linee guida e le pratiche clinico-diagnostico-terapeutiche di cui si denuncia la violazione), in ogni caso non potrebbe ritenersi, con grado di probabilità logica prossimo alla certezza, che tale deviazione dai parametri clinici di riferimento rivestì rilievo decisivo in relazione alla morte. Non sarebbe comunque possibile, in altri termini, sostenere in dibattimento che, oltre ogni ragionevole dubbio, la condotta doverosa in concreto omessa dagli indagati avrebbe evitato la morte o la avrebbe procrastinata significativamente”.
Ciò – continua Landolfi - “anche in ragione delle gravi condizioni in cui il paziente si trovava al momento dell'ingresso in ospedale, le quali non sono in alcun modo addebitabili alla condotta degli indagati. Il paziente era affetto da gravi patologie pregresse: obesità severa, broncopneumopatia cronica e sindrome dell'apnea ostruttiva del sonno, che avevano già reso necessario un suo ricovero ospedaliere due anni prima del decesso. Quattro o cinque giorni prima del decesso, inoltre, come risulta dal diario clinico del paziente, aveva interrotto l'assunzione del farmaco antibiotico prescrittogli. Ciò impedisce di affermare, con elevato grado di credibilità razionale o probabilità logica prossimi alla certezza, che i trattamenti terapeutici di cui è stata denunciata l'omissione avrebbero consentito la sua sopravvivenza. Neppure i consulenti tecnici delle parti offese, d'altra parte, pervengono a tali conclusioni. L'argomento viene affrontato, in effetti, dai dottori Selvaggio, Suero e Vergineo, i quali, però, si limitano ad affermare genericamente una “elevata probabilità di sopravvivenza”.
Secondo il giudice, “neppure lo svolgimento delle ulteriori indagini indicate negli atti di opposizione all'archiviazione consentirebbe di acquisire elementi idonei a sostenere l'accusa in giudizio. L'ulteriore consulenza medico legale richiesta dalle pp.oo. potrebbe essere svolta sulla base di un nuovo esame della documentazione clinica già acquisita, ma non attraverso un esame autoptico più attendibile del precedente, tenuto conto del tempo trascorso. L'acquisizione di documentazione sanitaria presso l'Ospedale di Sant'Agata de' Goti, inoltre, non fornirebbe elementi di valutazione decisivi circa l'operato degli odierni indagati, che erano in servizio presso l'Ospedale "Gaetano Rummo" di Benevento. Superfluo appare, altresì, l'esame dei tessuti istologici prelevati dal cadavere del Fuccio, o l'acquisizione dei relativi esiti, in assenza di elementi di valutazione in ordine alla necessità di tali esami, che neppure i CC.TT.PP. hanno specificato. Nessun utile apporto all'attività investigativa, infine, deriverebbe dall'escussione dei prossimi congiunti , avendo essi già dettagliatamente descritto in sede di denuncia le vicende relative al ricovero in Pronto Soccorso, alla degenza e al decesso del loro familiare”.