Non so se siano tanti o pochi a credere davvero che la pandemia sia stata l'occasione per instaurare “una dittatura sanitaria”, come strilla la destra patriottica e populista, o una “nuova possibilità di ricostruire un’egemonia culturale dopo tanti anni di controvento per la sinistra”, come profetizza nel suo libro, ritirato in fretta e furia per l'arrivo della seconda ondata, il ministro della Salute Roberto Speranza.
Confesso la mia incapacità nel capire il senso delle due affermazioni, che mi appaiono il tentativo di “mettere il cappello” della politica partitica su un problema gravissimo che avrebbe richiesto unità di intenti e non divisioni che lasciano il tempo che trovano, riflettendo il solito vizio, tutto italiano, di strumentalizzare qualsiasi cosa nella speranza di lucrare consensi elettorali.
Uno spettacolo indecente, sotto gli occhi di una opinione pubblica – non parlo di quella, fidelizzata, dei due schieramenti, che nega anche l'ovvio pur di dar torto agli altri – che da quindici mesi viene bombardata quotidianamente da una informazione che fa a gara per contribuire ad alimentare la confusione, restituendo messaggi contraddittori, e subisce un trattamento mortificante. Il senso di colpa diffuso a piene mani e scaricato completamente sulle persone ha aumentato a dismisura il clima di incertezza.
Ve li ricordate la caccia all'untore, il vergognoso richiamo alla delazione, le sanzioni, a dir poco paradossali, comminate ovunque con una ferocia istigata, a mo' di vendetta, dagli stessi cittadini contro coloro che non rispettavano i divieti? Sono scene che non possiamo e non dobbiamo infilare nel cassetto dei ricordi. C'era l'assoluta necessità di provare a bloccare la trasmissione del virus, ma da qui a parlare di dittatura sanitaria ce ne corre, eccome, e a dimostrarlo sono i comportamenti mantenuti anche con la vigenza di determinate regole.
A meno che non si faccia ricorso a teorie complottarde, che pure continuano ad essere proposte, ad un progetto di sottomissione, attraverso l'arma della paura, di miliardi di poveri cristi come me: una moltitudine che ha soltanto sperato di farla franca, al pari dei propri cari, rinunciando, temporaneamente, ad alcune libertà. E lo stesso vale per chi ha immaginato in questo periodo un ruolo diverso, finalmente non marginale, per una sinistra che è sempre più complicato riconoscere.
Grazie alle vaccinazioni, che per fortuna vengono praticate a dispetto di chi tira i piedi con una contabilità pelosa e ridicola, la pandemia passerà. E la sinistra dovrà allora dimostrare di esistere, e non per stabilire una supremazia culturale, offrendo le risposte che mancano da un pezzo su lavoro, giustizia e diritti: i problemi dei comuni mortali. Nel frattempo, sarebbe il caso di non 'criminalizzare' la gente, che non ne può più di sentirsi sempre sul banco degli imputati.
Ai tempi, dolorosissimi, del terrorismo, c'era una frase (“Nè con lo Stato né con le Br”) che correva purtroppo sulla bocca di molti che in quel modo cercavano di accreditarsi in una posizione di terzietà che, tutto sommato, era molto comoda. Perchè metteva sullo stesso piano chi ammazzava e uno Stato che veniva considerato autore, protagonista e regista di innumerevoli misfatti. Non era così, ovviamente.
Per quel che mi riguarda, adesso, nè con la “dittatura sanitaria” né con “l'egemonia”: non gradisco gli slogan, puzzano di stantio.