Il sostituto procuratore Maria Gabriella Di Lauro aveva chiesto la custodia in carcere per cinque indagati e quella ai domiciliari per altrettanti, ma il gip Gelsomina Palmieri aveva disposto gli arresti in casa per i primi e l'obbligo di firma per gli altri. Era gennaio del 2020, la decisione era stata appellata dal Pm, che ha però incrociato il no anche del Riesame.
E' l'inchiesta della guardia di finanza, già al centro di un processo in corso, su una truffa in materia di indennità di disoccupazione. Attenzione puntata su un reticolo di società, definite cartiere, che sarebbero servite da un lato per utilizzare ed emettere fatture per operazioni inesistenti e, dall'altro, adoperate per l'assunzione fittizia di personale, per consentire la percezione indebita di indennità di disoccupazione in seguito al licenziamento.
Nove gli imputati a giudizio – un decimo nel frattempo è deceduto -, si tratta solo di coloro per i quali è stata prospettata l'accusa di associazione per delinquere (vengono contestati, a vario titolo, anche truffa aggravata ai danni dello Stato, reati tributari, riciclaggio e autoriciclaggio). Una presunta organizzazione di cui viene ritenuto promotore e dominus Cosimo Tiso, 53 anni, di Sant'Angelo a Cupolo.
Un centinaio i beneficiari del meccanismo ricostruito dagli inquirenti, disseminati tra Benevento, Avellino, Salerno, Napoli, Caserta, Roma, Reggio Calabria, Novara, e più centri delle stesse province. Le loro posizioni sono state stralciate e spacchettate in più gruppi. Sono impegnati nella difesa gli avvocati Ettore Marcarelli, Andrea Imperato, Antonio Leone, Federico Paolucci, Vincenzo Sguera, Massimiliano Cornacchione, Gerardo Giorgione, Mario Villani e Domenico Cristofaro.