Poco meno di tre anni fa – era il maggio del 2018 – era stata condannata a 9 mesi, pena sospesa, dal giudice Francesca Telaro, con una sentenza che la Corte di appello ha completamente ribaltato. Assolvendo, perchè il fatto non sussiste, la dottoressa Roberta Maria Pennacchio (avvocato Antonio Aprea), chiamata in causa, per omicidio colposo, come sanitario di turno al Fatebenefratelli il 16 novembre del 2013.
E' il giorno nel quale Carmine Masone, 64 anni, di Benevento, si era presentato al pronto soccorso dell'ospedale del viale Principe di Napoli, lamentando dolori ad un braccio ed allo stomaco. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, al paziente, accompagnato da due figlie che avevano illustrato la sua condizione di cardiopatico, era stato praticato un prelievo di sangue ed un elettrocardiogramma, dopo i quali la professionista avrebbe individuato in una cattiva digestione la causa dei sintomi accusati dall'uomo. Che a quel punto, rassicurato, aveva dunque deciso di lasciare l'ospedale, rientrando nella sua abitazione. Il dramma si era consumato a distanza di alcune ore, nel corso della notte, quando un malore non gli aveva dato scampo.
I familiari avevano presentato una denuncia, con l'obiettivo di far luce sulla vicenda, la Procura aveva affidato al medico legale Monica Fonzo l'incarico di procedere all'autopsia. Tappe di un'inchiesta che si era conclusa con due richieste avanzate dal Pm: l'archiviazione della posizione di un cardiologo ed il rinvio a giudizio di Pennacchio, stabilito dal gup Roberto Melone nel gennaio 2016.
Poi la condanna, il risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, ed il pagamento di una provvisionale, immediatamente esecutiva, in favore dei figli e di un fratello della vittima, parti civili con gli avvocato Nico Colangelo e Giancarlo Caporaso, e, ora, l'assoluzione della professionista (con la revoca delle statuizioni civili), nel cui comportamento la Corte di appello non ha ritenuto “sussistenti profili di colpa”.
Sulla possibilità di “muovere un rimprovero all'imputata – hanno scritto i giudici nella sentenza che i legali delle parti civili impugneranno dinanzi alla Cassazione – incide in modo significativo il volontario allontanamento del paziente dall'ospedale, contro il parere dei sanitari; invero, se il paziente fosse rimasto e la Pennacchio non avesse ripetuto gli esami, certamente avrebbe violato le linee guida, ma avendo scelto il Masone di andare via subito dopo aver ricevuto l'esito dei primi esami e non essendovi materialmente il tempo utile per ripetere i prelievi (che hanno senso se ripetuti a distanza di 3 o 6 ore dal primo), non si comprende qualle sia l'addebito colposo in capo all'appellante”. Da qui l'assoluzione perchè il fatto non sussiste.