Un processo indiziario, certo, ma con indizi che devono evidentemente aver raggiunto, nella valutazione dei giudici, la soglia necessaria a supportare una dichiarazione di responsabilità. Un processo basato anche sulle affermazioni di due collaboratori di giustizia – uno, soprattutto- di cui la difesa aveva evidenziato le incongruità, provando a minarne l'attendibilità.
C'è questo ed altro nella sentenza con la quale la Corte di Assise ha condannato al carcere a vita, venerdì, Nicola Fallarino, 37 anni, ritenuto uno degli autori dell'omicidio di Cosimo Nizza, 48 anni, ucciso a colpi di pistola il 27 aprile del 2009.
Una decisione di primo grado, di cui sarà importante leggere le motivazioni in vista dell'ulteriore grado di giudizio, che nel frattempob ricuce, anche se non completamente, una ferita gravissima inferta al tessuto sociale di Benevento. Perchè, prima di quella mattina di dodici anni fa, nella città sannita non era mai state registrate scene simili a quelle viste in via Bonazzi, nel cuore del rione Libertà.
In strada il corpo senza vita di un uomo che non era uno stinco di santo, la cui esistenza era stata stroncata nello stesso giorno in cui, quattro anni prima, aveva subito un incidente che lo aveva costretto su una sedia a rotelle. Un delitto che aveva fatto da spartiacque nella storia criminale del capoluogo, che sembrava destinato a restare avvolto dal mistero, a nutrirsi solo di sospetti e nient'altro, ad allungare la lista dei cold case senza soluzione.
E' andata diversamente, almeno secondo quanto stabilito poche ore fa, grazie al lavoro degli inquirenti. Che non può però dirsi finito, perchè all'appello manca la seconda persona in sella allo scooterone con il quale era stata portata a termine una missione di morte che aveva pericolosamente reso Benevento simile ad altre realtà campane, alle quali si era improvvisamente scoperta vicina, in cui le esecuzioni con modalità camorristiche non rappresentano una novità. Un rischio che, per fortuna, da quel momento è stato sventato.