Cannabis light: "La chiuderanno all'italiana, con un'accise"

I ragazzi che hanno investito nel settore: "Noi non spacciamo, anzi, diamo lavoro in un deserto"

Benevento.  

“Ti sembra che abbiamo la faccia da spacciatrici?” Effettivamente no, le due ragazze di uno dei punti vendita di Cannabis Light di Benevento la faccia da spacciatrici non l'hanno affatto: carine, delicate...e incazzate, parecchio. Sì perché la sentenza della Cassazione le pone in un limbo: “Cosa possiamo fare oggi? Non saprei cosa risponderti”, intanto però loro, come il ragazzo di un altro punto vendita del centro, alla domanda sulla possibilità di vendere cannabis rispondono sicuri “Certo, posso venderla, non è drogante e quindi posso venderla”. Il resto è una sorta di commedia degli equivoci: vendere come prodotto di coltivazione o come essenza profumata ma non come prodotto per combustione, vendere o non vedere orecchini o borse o creme fatte con la cannabis. Insomma, il classico caso Kafkiano che sovente si crea in Italia.

A prescindere dal tentativo di districarsi nel ginepraio legale e legislativo, tentativo peraltro suscettibilissimo di fallimento, sono i risvolti pratici. Due ragazze di trent'anni che spiegano di aver fatto sacrifici, pagato tasse, aperto un'attività secondo tutti i crismi legali, un altro giovane che spiega che quello shop rappresenta un'alternativa alla fuga da Benevento, alla disoccupazione sua e del commesso che ha assunto sono un campanello d'allarme importante. Dovranno chiudere? “Al momento nessuno è venuto a dirci nulla – spiegano – e poi sarebbe veramente deleterio distruggere un settore che dà lavoro a 10mila persone, più quelli che la coltivano”.


Secondo uno dei ragazzi che ha investito nel settore a Benevento si risolverà con una tassa: “Si metterà un'accise come per la sigaretta elettronica e finirà l'accanimento contro la cannabis legale. Che, voglio ripeterlo, non è drogante e fa molto meno male di tante altre cose”.


Intanto però da Benevento segnalano anche i primi effetti nefasti: “Tutta la filiera del commercio online, tra chi gestisce i pagamenti, i social e le piattaforme di vendita ci stanno ostacolando, rifiutandoci commesse, bannando pagine e insomma tagliandoci fuori: è vergognoso”.