Come con Galasso: non possono cacciare Foti senza andar via

Il bilancio a inizio luglio Ma l'esito è scontato. Nessuno vuole davvero andar via

Galasso visse una situazione simile, anche allora pesarono gli interessi personali. Ecco come.

Avellino.  

Rimandata l'approvazione del bilancio. Almeno fino a luglio Paolo Foti è salvo. Avellino deve aspettare ancora per conoscere il proprio futuro. Pesano, oltre ai problemi di salute del sindaco, alcuni aspetti tecnici: il bilancio di previsione deve essere infatti depositato dieci giorni prima di arrivare in aula. Per la partecipata Acs finita al centro dello scandalo di questi mesi, varrà l'ultimo bilancio approvato, e sono stati preventivati 862mila euro di perdite per il prossimo previsionale.

Nel mezzo, ci sono le dichiarazioni della vicesindaco Iaverone che, ai microfoni di Ottochannel, invita i consiglieri alla responsabilità.

Dichiarazioni di rito che cadranno nel vuoto. Il partito democratico, come vi abbiamo descritto a più riprese, è lacerato dalle sue correnti interne, ognuna ferma sulle sue posizioni. Dameliani che spingono per un azzeramento e ripartenza della giunta cercando di incrociare le opposizioni, De Luchiani che vogliono difendere la bandierina piantata nel capoluogo fino alla fine, Festiani (mai termine fu più azzeccato) che continuano ad agitare le acque ma, con la promessa di entrare nel governo di salute pubblica, potrebbero anche fare un passo indietro.

Al di là di piani politici sofisticati conterà a nostro avviso un discorso molto più “terreno”. Non crediamo che all'interno del consiglio comunale esista qualcuno disposto a rinunciare alla poltrona oggi e nei prossimi anni. Dare la propria sfiducia a Paolo Foti significherebbe infatti, per i consiglieri democratici, non solo abbandonare il proprio ruolo ma di fatto coltivare le proprie eventuali ambizioni lontano dal pd. Nessuno, con l'eccezione di Giacobbe, ha minacciato le proprie dimissioni. Dimissioni che non ci hanno comunque convinto. Peppino saprà meglio di noi che le dimissioni, quelle vere, si danno, non si minacciano.

Inoltre, c'è un precedente molto indicativo. Siamo nel 2009. Gli equilibri che hanno permesso a Galasso di divenire sindaco sconfiggendo il patto civico sono saltati. De Mita e Mancino hanno definitivamente rotto, e il peso del senatore conta in quel momento ad Avellino più di quello dell'ex presidente del consiglio cacciato dal partito democratico da Veltroni. Proprio il fronte che fa capo al centro, con Giuseppe De Mita unito all'altro dissidente, Giovanni D'Ercole, prova a raccogliere le ventuno firme necessarie a far cadere il primo cittadino in carica. Come racconta D'Ercole, i propositi d'estate si rivelarono vani a settembre.

“Credo – spiego D'Ercole – che stiamo vivendo, purtroppo per Avellino, la stessa situazione. Tutti adesso urlano, ma vedremo al momento decisivo se e quanti alzeranno la mano per votare la sfiducia. Certo, non so su cosa si possa poggiare il futuro di questa esperienza amministrativa, fallimentare sotto tutti i punti di vista”.

Ma non crediamo che il presente e il futuro di Avellino occupino un posto importante all'interno dell'agenda degli attuali amministratori. E dello stesso partito democratico. Da troppo tempo non sentiamo infatti discutere di progetti e iniziative rivolte alla città, mentre invece continuiamo ad ascoltare una nenia ben nota: che ripete di sgambetti politici, scambi di poltrone, alleanze della notte prima che si sciolgono il giorno dopo. Di tutto questo non sappiamo sinceramente che giovamento possa trarne Avellino. Ma tant'è. Parafrasando Vasco, loro sono ancora là e ci resteranno.

Andrea Fantucchio