Ballottaggi, il pd crolla e resta appeso a De Luca

Il quadro complessivo in attesa dei ballottaggi di domenica

A Benevento per ora trionfa Mastella, che fa scopa con gli esiti delle amministrative in Irpinia. L'unico trionfo quello atteso di Salerno

Avellino.  

Il dopo amministrative ha delineato un quadro chiaro per la politica campana. Con il largo crollo subito dal partito democratico che, se dovesse confermarsi anche al ballottaggio, soprattutto a Benevento, accenderà definitivamente l'allarme rosso.

Proprio nei contesti locali il pd ha toccato il suo minimo storico. Parlano chiaro i risultati in Irpinia, dove il futuro dei trentuno comuni al voto è stato fagocitato dall'asse De Mita-D'Amelio, la cui onda d'urto si è rivelata inversamente proporzionale alla forza del partito democratico sull'esito delle singole contese.

Nell'epicentro napoletano, il risultato è stato significativo soprattutto per il largo anticipo del pronostico: con l'uscita di scena di Bassolino, privo di un candidato di peso intorno al quale coagulare la carica anti De Magistris, le liste della Valente sono evaporate ben prima della prova del ballottaggio.

Un'assenza di carisma che si è manifestata anche nella scelta del rappresentante dei Cinquestelle, il signor Brambilla (tifoso dichiarato della Juve), che non ha convinto nessuno. Anzi, proprio nel capoluogo napoletano è tornato ad agitarsi lo spettro che il partito di Grillo si porta dietro dalla sua costituzione: il dubbio di riuscire a superare il ruolo della eterna opposizione.

Scelte come la Raggi si attestano nell'immaginario collettivo quali manna salvifica in contesti lacerati dalla corruzione e dall'inciucio degli anni precedenti come appunto Roma. Una verginità che l'idra piddì, e questo va solo a merito dei pentastellati, non può sventolare senza il rischio di apparire grottesco. A Napoli però, dove il governo di De Magistris non è stato altrettanto disastroso, scampando perfino la ghigliottina della magistratura, limitarsi ad agitare il vessillo di onestà e trasparenza non è bastato. Anche perché DeMa e i 5Stelle pescano nello stesso elettorato. L'ex magistrato ha potuto concedersi persino uscite a vuoto come quelle che tiravano in ballo il piombo fuso, senza che queste intaccassero minimamente la fiducia che in lui riponevano gli elettori. Fiducia che, salvo sconvolgimenti tellurici eclatanti, i sostenitori del neo Masaniello con la bandana arancione facciano pure gli scongiuri, dovrebbe assicurargli la riconferma nella notte di domenica.

Sarebbe stato bello, dal punto di vista squisitamente politico, veder scendere nell'arena partenopea un nome di primo piano come quello di Luigi Di Maio, per saggiare l'effettiva fiducia che l'elettorato napoletano ripone nel Movimento Cinquestelle.

Anche a Benevento un risultato piuttosto inaspettato per il Pd: la resurrezione di un Mastella in grande spolvero. Un successo per l'ex guardiasigilli di Ceppaloni che, per come emerso, fa scopa con quello di De Mita in Irpinia ma con un rilievo superiore. Un doppio indizio che vale una prova: di fronte alla deriva della fiducia che i territori hanno verso il partito democratico locale, con il disinteresse evidenziato da Roma e un'opposizione non abbastanza matura come quella dei Cinquestelle, gli elettori premiano il radicamento anche quando questo si identifica con un minestrone spesso decotto come quello offerto dagli ultimi sopravvissuti della democrazia cristiana.

A Salerno il film aveva una trama arcinota, l'unico sussulto poteva esser dato dalla misura con la quale Enzo Napoli avrebbe vinto. Maggioranza bulgara doveva essere, e maggioranza bulgara è stata. La scelta di De Luca ha trionfato portando a venti gli anni di amministrazione del governatore a Salerno. E potrebbero allungarsi ancora se, fra quattro anni, si materializzasse la previsione oggi concretissima, di vedere il figlio più giovane di De Luca, Roberto sul seggio più alto di Salerno.

Una serie di eventi che hanno portato già per il Pd i primi strascichi in tutti i contesti. In Irpinia si invoca la chiusura dell'esperienza del direttorio. Quello formato dai magnifici quattro che hanno trasformato un periodo di transizione, in una serie di piccoli collassi che non possono passare inosservanti. Dalle esperienze recenti, col “trionfo” negli enti di servizio del vecchio potere di stampo demitiano, alle vicende del comune capoluogo che ora vive il trauma sempre più concreto di un commissariamento. Visto il tramonto al quale volge il destino di un sindaco che ha l'unica grande e imperdonabile colpa di essersi affidato totalmente al partito e a quei padrini politici che avevano contribuito a portarlo su quella poltrona.

A Napoli l'ultima assemblea del Pd che doveva servire a fare il punto è andata mestamente desderta. E con la minaccia di commissariamento avanzata da Renzi, una presa di posizione in vista del futuro prossimo è obbligatoria. Ormai le uniche chance di sopravvivenza sono rappresentate per il Pd proprio dal Governatore. L'unico personaggio di spessore che, come novello Silver Surfer, può riuscire a salvare dalla pioggia di meteoriti, che stanno frantumando l'egemonia dei democratici in Campania, ciò che resta del partito. Anche se, per disegnare il futuro, bisognerà attendere l'esito del super referendum di ottobre. Se infatti Renzi dovesse uscire sconfitto, non basterà neppure Silver Surfer.

Andrea Fantucchio