Avellino al voto: il coraggio di fare un nome senza aspettarsi un pernacchio

Lo stanco rituale del centro sinistra ora detto campo largo e i personaggetti senza talento politico

avellino al voto il coraggio di fare un nome senza aspettarsi un pernacchio
Avellino.  

Un politico senza ego che venga eletto è altamente improbabile. L'identità di un politico passa dalla capacità di influenzare gli elettori prima di una tornata elettorale vera e propria. L'identikit del possibile candidato “contro” dello schieramento di centro sinistra dovrebbe imporsi sul primo sindaco proveniente da una famiglia di periferia. Gianluca Festa emerge come una figura che tratta se stesso, sia la sua presenza fisica sia la sua biografia frammentata, come un bene civico.

Queste sono premesse solide. Poi c'è un presupposto scolastico: Socrate è considerato il padre della filosofia, poiché ha portato alla luce il pensiero critico e l'arte di sfidare il potere attraverso la parresía, l'onestà nel dire la verità davanti al potente.

Chi, nel campo largo, si agita perché Pd, M5s, Si, Si può, App e Controvento rompano gli indugi e affrontino ora il primo degli scogli da superare, il nome da contrapporre, dimostra di conoscere la premessa ma non il presupposto scolastico.

Va detta la verità.

Serve ego, talento, capacità di immaginare uno scenario futuro, anche complesso, e proporlo a chi si deve identificare, non in quello che sarà, perché quello resterà sempre un dettaglio irrisolto, ma in chi ti ci deve portare per mano. Il coraggio che manca al centro sinistra è uscire dalla fanghiglia del sottobosco di personaggi e personaggetti che aspirando al grande salto lo tengono prigioniero dei veti incrociati, della piccola invidia: insomma, a ogni nome un pernacchio da parte degli "alleati".

Inutile puntare su quello che non funziona o non ha fatto l'amministrazionme in carica. Nessuna giunta è mai perfetta e descrivendo solo gli errori del sindaco in carica dimostri di non avere uno straccio di idea che raccolga consensi veri. L'elettorato va disarticolato, non diviso. Prendiamo gli inviti alla partigianeria, gli ultimi che ha potuto proporre il Pd in quanto dominus in città. È stato letteralmente imposto, nel 2013, Paolo Foti. Il nulla apostolico prodotto da quella amministrazione ha devastato talmente l'elettorato che nel 2018, bruciando un nome come quello di Nello Pizza, è diventato sindaco Vincenzo Ciampi, il cui talento politico lo ha tenuto in carica tre mesi.

Il campo largo si ritrova con un dominus che deve sbloccare l'apparato regionale. Poi trovare con il bilancino l'equilibrio nella segretaria provinciale. E, tra i sopravvissuti, scegliere il segretario cittadino avviando trattative con pieno mandato. I personaggetti, il sottobosco, le mezze tacche fanno parte di una liturgia vecchia, stanca, persino irritante.

Mamma mia che brividi.

Gianluca Festa è figlio delle contraddizioni del centro sinistra o del campo largo, chiamatelo come volete. Ma negli anni del suo mandato ha coltivato l'ego come devono fare i politici: in giacca e cravatta davanti ai cantieri alle due di mattina per segnalare una striscia d'asfalto e alle cinque per controbattere alle critiche (social) sui concerti che sporcano. Senza il coraggio di un nome è come proporre all'ultimo minuto uno sparring partner non un contendente.

Auguri, senza pernacchio.