Mancano i referendum, Sibilia: statuto comunale fuori legge

Il Movimento Cinque Stelle ha presentato ricorso al Tar contro l'amministrazione Foti

«Neanche l'audizione in commissione ha sbloccato la situazione. Altro che partecipazione e democrazia diretta, Avellino è nelle sabbie mobili per colpa di una politica sorda...». Davanti a Palazzo di Città l'intonaco caduto a terra e le transenne.

Avellino.  

Lo Statuto del Comune di Avellino non ha un regolamento per l’indizione dei referendum e il Movimento 5 Stelle presenta ricorso al Tar. Questa mattina davanti all’ingresso di Palazzo di Città il deputato Carlo Sibilia e i candidati alle elezioni regionali, Maria Pallini e Vincenzo Ciampi, hanno spiegato i motivi della loro azione legale e le conseguenze di una “mancanza” del genere nella carta fondamentale del Comune del capoluogo irpino. Ad accogliere attivisti “grillini” e stampa locale i pezzi di intonaco caduti dall’edificio del municipio, transennato per motivi di sicurezza.

«Siamo mossi dall’amore per questa città - ha spiegato Sibilia - che ha bisogno di cittadini attivi. Sono dieci anni che portiamo in consiglio comunale richieste e proposte per la raccolta differenziata, quella degli oli esausti e altro ancora ma non siamo mai stati ascoltati. Intanto Avellino sprofonda nelle sabbie mobili. Sul nostro territorio hanno chiuso i battenti il 60% delle piccole e medie imprese locali. Ciò accade perché la politica è sorda, come in questo caso, per cui non c’è altra strada se non quella di rivolgersi alla magistratura».

E poi il deputato grillino attacca: «Da tempo abbiamo chiesto al Comune di inserire all’interno dello statuto i regolamenti attuativi per indire referendum consultivi, abrogativi e propositivi. Cosa che è prevista dalla legge 267 del 2000. Lo abbiamo chiesto in tutte le salse. Siamo entrati persino nella commissione statuto che purtroppo per motivi politici, o perché ci sono parlamentari che fanno sia i presidenti dell’organismo consiliare sia i consiglieri o per giochetti tra maggioranza e minoranza, non ci ha dato risposte. Eppure abbiamo sollecitato solo quello che è un diritto di partecipazione dei cittadini, nella direzione della vera democrazia diretta. Ma che ad Avellino, in questo momento, non si può esercitare. Nello statuto, infatti, mancano i regolamenti attuativi: non è specificato il numero delle firme necessarie per indire un referendum, su quali quesiti è possibile farlo e quali sono le percentuali per essere valido. Se non ci sono questi regolamenti lo statuto è fuori legge».

Ma non è tutto. Sibilia incalza e conclude così: «Ci hanno tolto la scheda per le elezioni provinciali, la possibilità di votare al Senato e di esprimere una preferenza quando andiamo a votare. Questa non è più democrazia. La democrazia non è mettere una crocetta su un simbolo ogni cinque anni, è esprimersi continuamente su ciò che accade all’interno del consiglio e del Comune. Forse se i cittadini si fossero espressi attraverso questi strumenti non avremmo tagliato il cedro a Piazza Libertà, non avremmo distrutto questa città e forse i calcinacci non cadrebbero dal palazzo di questo Municipio».

Lapidaria la dichiarazione della candidata alle regionali Pallini: «Questa è una battaglia che abbiamo cominciato il 31 gennaio 2014, quando come Meet up di Avellino abbiamo proposto la reintroduzione dello strumento del referendum e dei regolamenti attuativi. Trascorsi i 60 giorni previsti per legge, però, non abbiamo ricevuto nessuna risposta. Per questo abbiamo diffidato l’amministrazione comunale e in seguito il consiglio comunale ci ha tranquillizzato sull’approvazione. Cosa mai fatta, nonostante l’audizione in commissione statuto con l’allora presidente Giancarlo Giordano. Ecco perché siamo stati costretti a presentare il ricorso al Tar...».

Alessandro Calabrese