Ogni giorno, aumenta il mio pessimismo sul futuro del Meridione e, ancora di più, dell’Irpinia.
Nella seconda Repubblica si sono integrati 3 fattori negativi, formando una materia fuorviante: economia virtuale e liquida, bassa qualità della politica e distrazione del popolo. Si tengono convegni per apparire utili alla società, lasciando intravedere finanziamenti, senza esporre progetti per creare occupazione, richiamando solo qualche opera pubblica, tipo strada ferrata o autostrada. Spesso, nei convegni si parla ad ingenui cloroformizzati.
Questa atmosfera, che è più pericolosa del Covid perché blocca le energie meridionali, mi ha indotto a ritornare su alcuni argomenti, sperando di essere più efficace. Parto dalla costatazione che invertire la tendenza in atto è difficilissimo perché le forze che la influenzano sono più potenti delle forze, che dovrebbero guidarla e controllarla.
Prendiamo come riferimento il dopo terremoto ’80. Allora, si parlava di industrializzazione, di programmazione economica, erano nate le Comunità Montane, che avevano l’obbligo di formulare un Piano di sviluppo del territorio collinare e montano, la fuga di laureati non era ancora esplosa, gli abitanti dei comuni non diminuivano ed esisteva un Piano per le Zone Interne, predisposto da Rossi-Doria. Inoltre, le caratteristiche dell’economia nazionale erano chiare e comprensibili ed era facile scegliere i settori in cui intervenire. Purtroppo, la politica delle “mani sulle città” fece preferire l’edilizia e i lavori pubblici, trascurando , come in Irpinia, le risorse costituite dal territorio collinare e montano, dalle energie intellettuali e artistiche, dai beni culturali in movimento e dal fascino del paesaggio.
Attualmente, solo il 25% dei posti di lavoro proviene dal settore industriale, il 75% proviene dai settori finanza, commercio, agricoltura, turismo, cultura, pubblico impiego, professioni e terzo settore. Ciò rende difficile programmare interventi tendenti al riequilibrio tra Nord e Sud del Paese. E’ bene ricordare che a SUD di Roma non esistono Società di Assicurazioni e Società Finanziarie,che sono canali, attraverso i quali fiumi di miliardi vanno verso il Nord. Delle 209 Ong, che raccolgono soldi,186 hanno Sede nel Centro Nord e solo 23 nel Meridione.
E, il Banco di Napoli è stato assorbito da Banca Intesa. Da ciò, si deduce che il SUD, per sue responsabilità, è solo cliente del NORD. Da quando l’Ente Provincia è diventato una specie di Comitato ECA e i Partiti stanno in mano a dirigenti improvvisati e ignoranti, la prospettiva meridionale è funesta. Questa situazione avrebbe bisogno di una presa di coscienza della società civile, al fine di far nascere Associazioni con lo scopo di elaborare proposte valide e creative e di creare società Cooperative per mettere a coltivazione le infinite terre incolte. A tal fine, bisogna smetterla con la cultura della Magna Grecia e con Gruppi furbeschi che tendono solo ad apparire e ad utilizzare il clientelismo degli Enti locali, per avere contributi, per iniziative parolaie “copia e incolla”.
Per provocare sviluppo, bisogna conoscere i processi grazie ai quali le risorse naturali e quelle intellettuali producono beni e servizi richiesti dal mercato. Inoltre, bisogna capire ciò che il mercato richiede e come vincere la concorrenza di altri territori. Come mai, su 100 stranieri, che vengono in Italia, solo il 6% scende al di sotto di Roma? Perciò, basta convegni per spiegare come si chiedono soldi e costruiamo un concorrenziale meridione e soprattutto un valido made in Irpinia.