Un’immagine del viso “sanguinante” di Cristo da mezzo secolo è custodita nel Convento di Santa Maria della Purità, in una stanza al secondo piano dove solo poche persone hanno avuto finora la possibilità di entrare. Da circa due mesi mesi il settecentesco edificio di via Cammarota è chiuso dopo che l’ultima madre superiora, suor Letizia, è stata trasferita in gravi condizioni all’ospedale di Solofra, dove poi è deceduta due settimane fa. Da quel giorno il Consiglio di Amministrazione della “Fondazione Volto Santo”, istituita nel 1967 e riconosciuta di personalità giuridica dalla Regione Campania nel 1991, formato dal dottor Aldo Laurenzano e dall’ing. Alessandro Lazzerini, con l’aiuto di don Enzo De Stefano (entrambi nella foto), parroco della chiesa Sant’Ippolisto Martire, sotto la cui competenza ricade l’annessa chiesetta di Sant’Anna (o delle monache), sta cercando di trovare una soluzione sia al futuro del Convento che del Volto Santo. Nel frattempo, sono stati avviati i primi interventi per l’installazione di un impianto di videosorveglianza, necessario a tenere alla larga i malintenzionati. E anche per questo il parroco vorrebbe che se ne parlasse il meno possibile.
Don Enzo, qual è la sua opinione su quanto è avvenuto e sta avvenendo?
«Per quanto mi riguarda, la vicenda del Volto Santo, cioè del quadro con la foto del volto di Gesù, è chiusa. E non c’è modo di riaprirla».
Perché?
«Perché c’è un decreto vescovile che mezzo secolo fa ne ha vietato l’esposizione al pubblico».
Ma il convento è chiuso ed il quadro è attualmente incustodito…
«Sta per entrare in funzione un sistema di allarme che dovrebbe farci stare tutti più tranquilli anche perché il quadro non è l’unico oggetto di “valore” presente nello storico edificio. Il convento, tra l’altro, è solo temporaneamente chiuso perché è probabile che presto si rianimerà».
A cosa si riferisce?
«Esistono alcuni progetti che aspettano solo di essere definiti e finanziati. Non li conosco nel dettaglio, ma so che ci sono e che qualcuno li sta seguendo. E anch’io mi sto preoccupando, per la verità da tempo, di verificare se altre suore possono trasferirsi ad Atripalda. Un tentativo con alcune suore provenienti dai paesi emergenti è stato fatto, ma non ha avuto successo. Bisogna fare i conti, purtroppo, con la crisi vocazionale e con la scarsità di risorse economiche perché mantenere una struttura del genere non è semplice».
E finora come è stato possibile?
«Le suore percepivano la pensione che insieme alle offerte spontanee hanno garantito il necessario per la sussistenza. Ma da qui in avanti non si sa. Abbiamo già l’esempio del convento di San Pasquale dove ormai non c’è più alcun frate e, nonostante sia di proprietà del Comune, è tenuto in vita esclusivamente dalla Gioventù Francescana regionale».
Gianluca Roccasecca