Apparire. Essere qualcuno. Essere di qualcuno. Divenire. Desiderare di sparire. La scomparsa di mia madre, esordio di Beniamino Barrese, è un documentario anomalo e affascinante, distribuito nelle sale da Reading Bloom e Rodaggio. Anomalo nel nostro panorama cinematografico (la prima assoluta del film è stata al Sundance Film Festival, unico titolo italiano selezionato) e affascinante perché del cinema del reale ne dischiude l’essenza. La madre del titolo è Benedetta Barzini, la donna che fu la prima top model italiana scelta da Vogue e da artisti della fotografia come Irving Penn (fratello del regista Arthur Penn) e Richard Avedon (celebri i suoi ritratti in bianco e nero di star hollywoodiane).
?Domani sera alle 18.30, al Tilt, in via Santo Spirito, ultima tappa del “Cinema che non si vede”, rassegna itinerante promossa da Ucca (Unione, Circoli, Cinematografici, Arci) con il sostegno della Regione Campania. Lo ZiaLidiaSocialClub presenta, in anteprima assoluta per la Regione Campania, il film "La scomparsa di mia madre”, unica opera italiana al Sundance Festival 2019, l’esordio sorprendente di Beniamino Barrese.
“Vivo in un mondo dove tutto viene delegato alla fotografia e non alla memoria. Mi interessa quello che non si vede e non quello che si vede”. Benedetta Barzini guarda, spesso, con disprezzo la macchina da presa. Non ama svelarsi, non ama l’occhio estraneo che rende tutto uniforme (“ci sono 100 milioni di foto dei tramonti - confida a un certo punto - francamente tutti uguali, però non sono uguali quando li vedi”), poi cede e si scopre perché è un racconto quello che il figlio vuole realizzare. Un racconto di una donna dirompente e sincera nelle sue lezioni e interrogazioni agli studenti universitari (cura corsi di “Storia dell’abito” e “Antropologia della Moda”), naturale nei suoi attacchi verbali al regista, che la filma in ogni istante, perfino nei dettagli intimi della sua quotidianità.
In un equilibrio tra purezza e immediatezza, tra controllo e messa in scena, La scomparsa di mia madre racconta quello che le immagini tentano di celare. Benedetta Barzini, incline alla fama prima e riluttante poi agli onori e alla bellezza come unico fine, non ha paura dell’imperfezione e degli anni che si sedimentano sul viso. E si mostra perché non le piacciono “le cose cementate”. E cementato non è (anche se sarebbe stato un rischio produttivo) il film che compone, con la stessa precisione dei tasselli in un puzzle, la storia e il presente, la spontaneità e la ferocia contro la macchina da presa sempre accesa e sempre a centellinare ogni istante, filtrando le sue giornate (come l’incontro con la sua amica di una vita, l’ex top model e attrice Lauren Hutton). Eppure il film di Beniamino Barrese potrebbe essere, come annunciato dal possessivo del titolo, un film privato, un trasparente ritratto dell’incarnazione della bellezza, che con il trascorrere del tempo diventa più “carne”, più vita. Ma non lo è.
È un film sulla donna, che pensa e che si ribella alle chiusure e alle definizioni. Un film che sfiora quel pezzo di storia italiana sul femminismo e che si allarga sempre di più, scena dopo scena, al presente di ogni donna. Indaga la sostanza della femminilità e dischiude l’orizzonte sulla libertà, come valore e non come semplice rivendicazione, della donna spesso chiusa dagli sguardi altrui e dalla necessità o dipendenza del riconoscimento.
Emanuela Genovese
A seguire, visione del cortometraggio: "VALPARAISO" di Carlo Sironi.
E' la storia di Rocio, che al 69esimo Festival di Locarno ha portato a casa il Premio Film und Video Untertitelung, sezione “Pardi di domani” ,un’immigrata clandestina, vent’anni, sudamericana. Vive da mesi dentro il Centro Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria, alle porte di Roma. Stavano per rispedirla a casa, ma una cartella medica ribalta l’imminente destino: Rocio è incinta di quattro mesi. Il padre? “Nessuno”. Una vita nuova arriva a sabotare la routine di quel limbo per irregolari, col tempo scandito tra le sbarre alte e le stanze un po’ ammuffite. Rocio è sola, con questo figlio per caso. E la legge non può espellerla mentre è in gravidanza, né può trattenerla dentro a un CIE. Libera, fino al parto e nei sei mesi successivi, con una vita da inventare.
Sironi svela poco o nulla di fatti e antefatti, del travaglio interiore e delle contingenze, ma lascia passare il dramma di una clandestinità perenne, di una solitudine senza variazioni.
“I centri di identificazione ed espulsione sono dei luoghi di controllo e segregazione in cui la libertà viene sistematicamente negata. Un'immigrata irregolare rimane incinta durante la sua prigionia e in virtù della sua gravidanza, ottiene un permesso di soggiorno e un lavoro, un'apparente libertà. A volte il libero arbitrio e la possibilità di scelta concedono solo una libertà illusoria. La negazione di un legame può rafforzarlo ancora di più, invece di cancellarlo. Con Valparaiso ho voluto mostrare queste contraddizioni attraverso frammenti della vita di Rocio. Ho scelto di filmarlo con un linguaggio scarno per raccontare nel modo più essenziale possibile il doloroso viaggio di una donna che prima nega e poi si riappropria del suo essere madre”.
Carlo SironiSeguirà un dibattito con il pubblico moderato dalla scrittrice Valentina Mariani che aggiunge: << Il regista racconta la madre, Benedetta Barzini, prima fotomodella italiana della storia, che frequentò nei favolosi anni ’60 a New York personaggi del calibro di Andy Warhol, Salvador Dalí, Marcel Duchamp, Truman Capote. Negli anni ’70 si unì alle lotte femministe e tuttora, giornalista e docente universitaria, resta indefessa e provocatoria pensatrice che ha fatto del corpo e dello sguardo un consapevole uso artistico e culturale e un’affermazione valoriale di radicale indipendenza.>>Abbiamo scelto, conclude Michela Mancusi dello ZiaLidiaSocialClub, di salutare con un cinema di pensiero un anno di visioni, incontri e riflessioni particolarmente intenso per accogliere, a partire dalle suggestioni offerte dalle protagoniste Benedetta Barzini e Rocio, un nuovo anno di visioni meni ambigue e più libere.