Latin Lover, Saverio, le sue donne e il cinema che fu

La recensione del critico cinematografico Ciccio Capozzi dell'ultimo film di Cristina Comencini

Il film può dirsi riuscito proprio perché ha un modo delicato, ma implacabile di procedere: mettendo insieme livelli di memoria passata, con l’amore per il cinema; ma anche note molto serie di psicologia dei personaggi sviluppate in progress

Avellino.  

A San Vito dei Normanni, in quel di Puglia, si riunisce la famiglia, non  solo allargata ma intratemporale e intercontinentale, del grand’attore Saverio Crispo. Tutte e solo donne, con sparuti maschiolini a far da muta e passiva tappezzeria…La Madre non poteva che essere il ruolo per Virna Lisi, dopo di che, due mesi dopo la fine delle riprese, ci ha malinconicamente lasciati…Lei è Rita la “prima moglie” saggia, generosa e accogliente, di questa star maschia italiano che noi vediamo solo nel pieno fulgore della sua carriera; ma è lei che tiene le fila dell’intera famiglia, non solo allargata ma dilatata nel tempo e tra i continenti.

 

Assumendo il ruolo, appunto di “madre” per tutte le altre figlie, oltre alla sua, dello scomparso; elemento di pacificazione, raccordo  e memoria anche per le ulteriori, numerosissime donne, che lui ha avuto: alcune sconosciute a lei e all’altra moglie legittima, la spagnola “almodovariana” Marisa Paredes. Però le principali sono Angela Finocchiatro, l’ordinatrice del museo dedicato alla di lui memoria, Candela Pena, la figlia spagnola che ha rifiutato di lavorare nel cinema, Valeria Bruni Tedeschi che in Francia ha intrapreso la carriera d’attrice. Il tutto nella stupenda Villa di una Puglia che sta diventando, ormai, per un’attenta politica di offerta complessiva di cinema, LA location d’esterni per eccellenza dell’intero cinema italiano.

 

L’accorta conduttrice di questa variegata e complicata orchestra umana è la regista Cristina Comencini; che ha scritto il film (ITA, 15) insieme alla brava Giulia Calenda, sua abituale cosceneggiatrice, che ha lavorato anche per la sorella Francesca e altri registi (come l’ultimo Placido). La presenza di lui ,Saverio,pervade il film e le persone che l’hanno attorniato: ovviamente si tratta di una finta presenza, poiché essa era desiderata e rareffatta; fondata più su un desiderio, che si riempiva di aspettative per lo più mancate. Irraggiungibile e irreale come “un sogno: ma della stessa materia con cui era intessuto” l’intero cinema, parafrasando Shakespeare; difficilmente districabile dalla realtà.

 

Un sogno irreale, ma, allo stesso tempo, reale, perché frutto di concrete operazioni produttive e di elaborati e faticosi processi tecnico-artistici, com’è il cinema. E da questo inestricabile groviglio di finzione, aspirazioni represse, sogni/segni collettivi/individuali, “la donnanza” collettiva di famiglia, come i pubblici,  erano rimasti impigliati, stregati. In questo il film realizza un'operazione di lettura del personaggio molto sofisticata e raffinata, perché suggerisce i diversi piani di scomposizione-ricomposizione del reale, a sua volta filtrato dai ricordi di film/sogni. Cioè si parla di Saverio, ma anche dell’intero cinema, anche se non solo degli anni 70, italiano, il più ricco produttivamente e di talenti, di cui si celebra un non immusonito, né rancoroso peana .

 

E, a causa della massiccia invadenza di questo personaggio, le donne di casa non erano cresciute, specie le figlie. Solo la madre, la “prima moglie” aveva accettato il ruolo di vestale del focolare e costretto la Finocchiaro, su cui convergerà la sorpresa riguardante proprio la moglie “santarella” tradita, ad esserne la custode, suo malgrado. Ma le sorprese e i colpi di scena di questa divertente e gradevole commedia sono più d’una. Anche perché esse disvelano un carattere a più strati. Ad esempio: ma veramente amava le donne? O fondamentalmente non le capiva, ed era di un narcisismo così spinto da essere addirittura indifferente? Per cui ogni esperienza, di qualunque genere, che lo vedeva la centro dell’affettività, gli andava bene? Anzi sarà proprio questa raggiunta consapevolezza sulla reale limitatezza di Saverio che scioglierà la malìa, attorno a questa figura paterna inesistente, e “libererà” le stesse figlie.

 

Il film può dirsi riuscito proprio perché ha un modo delicato, ma implacabile di procedere: mettendo insieme livelli di memoria passata, con l’amore per il cinema; ma anche note molto serie di psicologia dei personaggi sviluppate in progress, pur facendo restare il film solidamente in una collettiva e rilassata atmosfera di commedia. Non è semplice contemperare, senza farsene intralciare, i diversi andamenti narrativi, pur convogliandoli in modi saldamente unitari. Molto aiuta la scelta non solo delle attrici, tutte bravissime; ma anche dei maschiotti: Neri Marcoré, Jordi Mollà, Lluis Homar. Ma riuscitissimi sono gli inserti che riguardano Saverio, interpretato dal fascinoso Francesco Scianna: la direttrice della II Unità, Francesca Polic Greco, ne è l’autrice. Essi riescono a stabilire un’aura di mito, ma anche di sottile ironia e di satira; pur essendo pervase, contemporaneamente, di nostalgia e amore.