"Sono definitive le sentenze di condanna per la strage del viadotto di Acqualonga. Il 28 luglio del 2013 la nostra città fu investita da un’ondata di dolore e sgomento, per una tragedia che ha sconvolto la nostra comunità. Ogni anno, il 28 luglio, ci riuniamo in preghiera per ricordare i nostri concittadini scomparsi quel maledetto giorno. Oggi, la giustizia ci dice che non fu una casualità, ma che ci furono precise responsabilità. Sono vicino a chi è sopravvissuto e vive ancora nel ricordo di quell’evento, a chi ha perso una persona cara. Le vittime di Acqualonga resteranno nei nostri cuori per sempre".
Così il sindaco di Pozzuoli Gigi Manzoni commenta la condanna a sei anni per l'ex amministratore delegato di Aspi, Giovanni Castellucci, in relazione al procedimento legato alla strage del 28 luglio del 2013. In quell'occasione, un autobus precipitò dal viadotto dell'Acqualonga nella zona di Monteforte Irpino, ad Avellino, causando la morte di 40 persone. La decisione è stata presa dai giudici di Cassazione. L'ex dirigente, che è stato condannato per disastro colposo e omicidio colposo, è pronto a costituirsi. I giudici hanno fatto passare in giudicato anche le condanne per gli altri dirigenti della società e dipendenti del Tronco. Pena a 9 anni per il proprietario del bus, Gennaro Lametta, e la condanna a 4 anni per l'allora dipendente della motorizzazione civile di Napoli, Antonietta Ceriola.
Quel volo tragico in una sera d'estate
Il terribile incidente si verificò intorno alle 20:30 di una domenica d'estate nella quale, dopo alcuni giorni in gita nei luoghi di Padre Pio, una comitiva di famiglie e amici stava tornando a casa a Pozzuoli. Mentre percorreva la discesa dell'A16 Napoli-Canosa, nel territorio di Monteforte Irpino, il bus guidato da Ciro Lametta, fratello del proprietario dell'agenzia Mondo Travel che aveva organizzato il viaggio, cominciò a sbandare dopo aver perso sulla carreggiata il giunto cardanico che garantisce il funzionamento dell'impianto frenante.
Il bus percorse un chilometro senza freni
Dopo aver percorso un chilometro senza freni, ondeggiando a destra e sinistra, tamponando le auto, una quindicina, che trovava sul percorso, l'autista del bus - un mezzo che aveva percorso oltre un milione di chilometri - nel tentativo disperato di frenare la corsa si affiancò alle barriere protettive del viadotto Acqualonga che cedettero facendo precipitare il pullman nel vuoto da un'altezza di 40 metri. Trentotto persone morirono sul colpo, due nei giorni successivi. Dieci i superstiti. L'inchiesta portò al rinvio a giudizio di 15 persone, 12 delle quali dirigenti ed ex dirigenti di Autostrade per l'Italia, per omicidio colposo, disastro colposo ed altri reati.