Carceri e violenza: rivolte in contemporanea ad Ariano, Asti e Alessandria

La preoccupazione del segretario sindacato polizia penitenziaria Aldo Di Giacomo

carceri e violenza rivolte in contemporanea ad ariano asti e alessandria

Di Giacomo: Violenza ad Ariano Irpino, Alessandria ed Asti da “apripista” a nuova stagione rivolte nelle carceri...

Ariano Irpino.  

“La violenta rivolta nel carcere di Ariano Irpino con detenuti che si sono impossessati delle chiavi aprendo le celle, provocando la devastazione e l’incendio di una sezione con conseguenze che potevano essere più gravi, in contemporanea con quella di Alessandria, con dieci agenti finiti in pronto soccorso per gravi irritazioni agli occhi, uno dei quali con danni alla retina e, poche ore dopo, il nuovo episodio di violenza nella casa di reclusione di Alba con un giovanissimo detenuto che ha aggredito il sovrintendente di sorveglianza e altri tre agenti, tentando di accecarne uno, sono segnali inequivocabili della ripresa della stagione delle rivolte che, dall’emergenza Covid, si ripete ogni anno, sia pure con modalità differenti che per questo vanno interpretate per cogliere le novità.

A pagarne le conseguenze, come sempre, è il personale penitenziario che, come è avvenuto ad Ariano Irpino, ad Alessandria e ad Asti, rischiano la vita nell’assolvimento al dovere e per mettere fine alla violenza”.

Lo afferma il segretario generale del sindacato polizia penitenziaria Aldo Di Giacomo sottolineando che “ci sono da tempo chiari segnali nelle carceri campane e piemontesi come in tante altre del Paese di una situazione di crescente tensione. È sufficiente una “miccia” per far esplodere le carceri. E certamente lo stillicidio di suicidi, con i numeri che conosciamo tutti dall’inizio del nuovo anno (23) e dopo l’anno orribile appena trascorso (91), quello del record di morti in cella, non può ulteriormente essere sottovalutato. Le cause dei diffusi focolai di tensione sono sempre gli stessi, dal sovraffollamento, alla carenza di organici (nonostante le sbandierate nuove assunzioni), all’assenza di figure professionali mediche (specie psicologi) e mediatori culturali.

Non c’è bisogno della “palla di cristallo” per prevedere che la situazione, già di grande emergenza e del tutto inedita per gravità rispetto a sempre, è destinata a diventare ancora più pesante, al punto che le continue rivolte anche negli Istituti per Minori sommate alle aggressioni quotidiane in tanti istituti fa da “apri pista” ad una nuova pesante stagione per i nostri penitenziari.

Noi - aggiunge - più semplicemente continuiamo a cogliere ed interpretare, già da settimane, gli inquietanti segnali che l’Amministrazione Penitenziaria invece preferisce ignorare, tra i quali, tentativi di evasione e la diffusione di telefonini sempre più tecnologicamente avanzati. Non siamo pronti a fronteggiare nuove rivolte e soprattutto siamo stanchi - continua - di pagare il pezzo più alto con il rischio di incolumità personale, per responsabilità politiche e di Governo, fronteggiando tensioni e sofferenze. Il personale è chiamato a fermare rivolte e violenze ma sempre sotto la “spada di Damocle” del reato di tortura e di provvedimenti disciplinari. È ora di fare chiarezza: lo Stato dica da che parte sta, se da quella dei detenuti o dei suoi “servitori”