Omicidio Manzo, dopo tre anni investigatori ancora a mani vuote

Continuano gli interrogatori ma il caso è "bloccato" a quel passo dall'essere risolto

omicidio manzo dopo tre anni investigatori ancora a mani vuote

Il cerchio si stringe ma non si chiude mai: il "miracolo" della macchia che forse è sangue

Prata di Principato Ultra.  

Gina Ferraro aveva 19 anni. Venne violentata e uccisa a pietrate 23 anni fa a Lauro. L'assassino è libero. E di assassini impuniti in questa provincia ce ne sono fin troppi. Spesso perché le indagini sono state superficiali, frettolose, come se un omicidio irrisolto non costituisse una pericolosa cicatrice nel corpo di una comunità.

Ma quello che sta accadendo per la morte di Mimì Manzo, uno dei casi omicidiari più sottovalutati della cronaca nera dell'Irpinia, ha dell'incredibile.

Quasi paranormale.

Dopo tre anni, ovvero 1100 giorni dalla sua “scomparsa”, il caso è appeso a una macchia che si ritiene sangue, trovata, sempre dopo tre anni, su una T-Roc nel frattempo passata di cliente in cliente perché è un'auto a noleggio. Magari portata all'autolavaggio almeno una volta ogni sei mesi. Fate i calcoli.

Quella macchia non solo dovrebbe essere sangue, ma essere sangue umano e, miracolo tra i miracoli, appartenere al pensionato di cui non si hanno più notizie.

Nel frattempo, tra figli indagati o testimoni, reticenze, complicità e silenzi, gli unici a giovarsi di questa macabra e ridicola sceneggiatura sono gli autori delle puntate di “Chi l'ha visto”, trasmissione cui va riconosciuto il merito di aver sottratto al sonnolento torpore investigatori che avrebbero volentieri allungato l'elenco delle cicatrici.

Oltre quella di Gina Ferraro, di Maria Padiglione (colpo in testa e poi bruciata), di Alfonso Landi (corpo bruciato), di Domenico Falco (sgozzato). Omettendo gli omicidi di camorra e dei corpi fatti sparire grazie a maiali e cinghiali.

Ora non si usa più, ma ai tempi del procuratore Gagliardi, che uno a uno ha scoperto e arrestato tutti i componenti il commando che lo voleva assassinare, mandanti compresi, Avellino le cose le risolveva con le manette in bella vista sulle scrivanie durante gli interrogatori e qualche ora nelle celle di isolamento.

Orrori di procedura penale oggi impensabili. Eppure, qui si tratta di persone che hanno ucciso un uomo indifeso, che li stava per denunciare perché trafficavano droga. Persone tanto spietate che quel corpo lo hanno dissolto.

Agghiacciante pensarle libere. In mezzo a noi.