Avellino, bomba al centro per l'impiego: emessa una condanna e un'assoluzione

Attese le motivazioni della sentenza, previste tra 90 giorni

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Avellino.  

Bomba carta al centro per l'impiego di Avellino, si è concluso con una condanna e un'assoluzione il processo. E' stato condannato a 2 anni e 6 mesi di reclusione e 5mila euro di multa U.P. presunto attentatore del Centro per l’Impiego di Avellino. Assolto C.B. tra 90 giorni saranno depositate le motivazioni della sentenza.

Le richieste

Il pubblico ministero ha chiesto, al termine della sua requisitoria, 8 anni di reclusione per U. P. e 7 per C. B. considerati dalla pubblica accusa gli autori dell’attentato compiuto – il 20 maggio del 2020 - a tarda ora, con gli uffici chiusi. Il pm ha chiesto la condanna per danneggiamento aggravato escludendo – come già fatto dai giudici del tribunale del Riesame di Napoli – l’atto terroristico di natura eversiva. Dunque il pm nella sua discussione si è allineato alle decisioni dei giudici partenopei.

Le accuse

 Inizialmente gli inquirenti sospettarono un eventuale contatto con i vertici del movimento “Gilet Arancioni”, a cui in alcune intercettazioni gli indagati avevano fatto riferimento. Ma l’attività investigativa escluse categoricamente ogni tipo di collegamento. Né emerse «alcun coinvolgimento degli indagati in fatti analoghi», circostanza che escluse la presenza di un disegno unitario e preordinato con le azioni dei “Gilet Arancioni”.  I giudici della X sezione del tribunale della Libertà di Napoli – alla luce di queste considerazioni - derubricarono il reato delle finalità eversive in danneggiamento.  I due – stando a quanto ricostruito dagli inquirenti nell’immediatezza dei fatti – facevano parte di un’ampia ed eterogenea realtà ostile ai provvedimenti restrittivi adottati dal Governo nel marzo 2020 per fronteggiare l’emergenza Covid.

La ricostruzione dell’episodio

 I due accusati inizialmente di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico – stando alle accuse- avrebbero aderito ad un movimento di protesta avverso le restrizioni imposte dal governo Conte per il contrasto della pandemia. Motivo che poi avrebbe spinto i due imputati a colpire il centro per l’impiego con il posizionamento di un ordigno artigianale anche se come ribadito nel corso della lunga istruttoria dibattimentale, nel corso delle perquisizioni effettuate presso le loro abitazioni, non fu rinvenuto alcun materiale riconducibile alla fabbricazione dell’ordigno.