Avellino, assalto ai bancomat: a processo i componenti della banda

Il processo inizierà il prossimo 8 giugno

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Cervinara.  

 

 

di Paola Iandolo

Cinque gli imputati rinviati a giudizio dal gup del tribunale dii Avellino, Marcello Rotondi. E.D.S. residente a Cervinara, M.A.F., G.L., M.M., F.P. dovranno affrontare il processo che inizierà il prossimo 8 giugno davanti al tribunale in composizione collegiale presieduto dal giudice Lucio Galeota con le accuse, a vario titolo, di ricettazione e di associazione a delinquere. Emessa sentenza di non luogo a procedere il furto d’auto finalizzato a compiere l’assalto al bancomat.  I cinque furono arrestati ad agosto scorso in una operazione complessa portata avanti dai carabinieri della stazione di Avellino che avevano individuato i componenti della banda, professionisti che, utilizzando bombe artigianali, denominate "marmotte", inserite negli sportellini dei bancomat, provocavano l'esplosione degli apparecchi per poi prelevare il denaro contenuto. Decine i colpi portati a termine in svariate parti di Italia, tra cui in Irpinia (Roccabascerana, Pietrastornina) e nel beneventano (Montesarchio, Pannarano, Ceppaloni). La deflagrazione provocò nell’ufficio postale di Ceppaloni il crollo del soffitto. Gli indagati sono difesi dagli avvocati Antonio Leone, Ettore Censano, Elena Cosina, Rosario Marino e Ennio Napolillo.

 

L’organizzazione della banda

La banda, divisa in varie batterie, in previsione di ogni colpo, provvedeva anche a rubare di volta in volta le autovetture necessarie per le operazioni criminali. L’attività di indagine, avviata nel 2020 e condotta dai Carabinieri della Sezione Operativa della Compagnia di Avellino, ha consentito di disarticolare un gruppo criminale, attivo in varie regioni dell’Italia centro-meridionale e composto in prevalenza da pluripregiudicati originari della provincia foggiana, dedito ai furti in danno di bancomat, condotti mediante l’utilizzo di esplosivo ad elevato potenziale con la tecnica della  cosiddetta “marmotta” (strumento artigianale in metallo, di forma schiacciata dotato di una lunga asta/impugnatura, utilizzato dai malviventi per introdurre l’esplosivo nel distributore automatico). Il modus operandi è simile per tutti gli episodi contestati: la banda contattava il basista nei giorni precedenti a quello programmato per il “colpo”, si muniva di autovetture - sia “pulite” che rubate nelle ore precedenti al colpo - da utilizzare durante l’azione criminale; facevano deflagrare con carica esplosiva l’apparecchio di erogazione del denaro; si davano alla fuga, abbandonando l’auto rubata.