Dalle 25 pagine della relazione del dottore Giuseppe Sciaudone, consulente tecnico d’ufficio, emerge che Giovanni Limata – imputato insieme a Elena Gioia per il delitto del padre di lei, Aldo Gioia - ha necessità di essere attenzionato perché presenta “una sofferenza per la condizione detentiva che continua a sembrare fortemente connessa con quella dei suoi agiti. Inoltre stenta ad accettare di aver ucciso, di averlo fatto per una ragazza che neppure lo saluta. E’ dilaniato, frammentato dalle sue condotte e dall’aver provocato la morte di Aldo Gioia”. Ed ancora “è una personalità complessa, va attenzionato e deve essere seguito dallo psichiatra e dalla psicologa”.
“Le voci? sono delle illusioni”
In merito alle voci che l’imputato Limata ha dichiarato di sentire, particolare riferito nel corso dei due colloqui avuti in carcere con lo psichiatra, il dottore Sciaudone ha precisato: “escludo che siano delle allucinazioni, bensì sono solo delle illusioni”.
Ed ancora le precisazioni dello psichiatra sui messaggi
Sotto la lente d’ingrandimento un messaggio in particolare evidenziato dall’avvocato Francesca Sartori. Quello che Giovanni Limata inviò dopo l’omicidio ad un’amica: “sono un mostro, più lo colpivo, più mi piaceva”. Il dottore Sciaudone ha replicato spiegando la crudeltà dell’azione omicidiaria: “possibile che abbia voluto assecondare”.
Il dottore Scaiudone ha invece precisato che Elena Gioia: "non è inferma di mente tale da impedirle di comprendere appieno il significato, la portata e le conseguenze delle azioni commesse, e nemmeno siamo in presenza di disturbi gravi del pensiero, ovvero della senso-percezione che ne abbiano potuto condizionare, al momento dei fatti, il contatto con la realtà. Non si riscontrano, dunque, in Elena Gioia situazione psicopatologiche che abbiano potuto incidere significativamente sulla capacità di scegliere tra diversi tipi di comportamenti". Ed ancora "Elena si è adattata bene anche al regime carcerario, ha studiato, si è diplomata e ha lavorato".