Una folla commossa e composta ha accompagnato l’ultimo saluto di Roberto Bembo, il 20enne accoltellato a Capodanno. La chiesa dell’Annunziata e di San Guglielmo di Mercogliano non è riuscita a contenere le migliaia di persone giunte per salutare Roberto. Striscione ovunque, palloncini bianchi e abbracci stretti in un grande silenzio. Dall’altare il vescovo Arturo Aiello, l’abate di Montevergine Riccardo Guariglia e il parroco di Mercogliano Don Vitaliano della Sala hanno officiato la cerimonia funebre. Toccanti e profonde le parole del vescovo che ha voluto rivolgersi, nella sua omelia, ai tantissimi giovani presenti.
«Siamo tutti responsabili di tutto - ha detto - Io vi chiedo scusa (rivolgendosi ai genitori) se ora non mi rivolgerò a voi che portate il peso della tragedia. Ma devo rivolgermi ai ragazzi presenti, a quelli presenti qui in chiesa a quelli che sono fuori: fate che questa morte non sia vana, non passate avanti a questa tragedia. Dietro questa morte c’è una modalità di vita che non è vostra - ha aggiunto il vescovo e poi rivolgendosi ai presenti ha detto: dove vanno i vostri giovani? Dove vanno i vostri figli? Che idea hanno della festa e dello svago? E quale mondo si prepara per noi? Una serie di interrogativi che questa bara coperta dai fiori bianchi non deve rimandare nelle risposte, per dovere civile e umano. Una serie di interrogativi che dovrebbe portare le istituzioni, compresa la chiesa, a un atto penitenziale perché la colpa non è vostra giovani! Ma è nostra.
Noi non abbiamo saputo raccontarvi la gioia di vivere. La gioia di divertirsi senza eccessi e senza ubriacarsi. La gioia di vedere le primavere che si inseguono. Non siamo riusciti a raccontarvi la vita nelle sue espressioni più belle come un bacio che non sia sesso violento, un abbraccio che non sia strangolare una persona. Ascoltare una canzone senza bassi che ci esplodono nella pancia per ore e ci stordiscono. Potrei continuare per ore per farvi vedere perché si muore a vent’anni.
Cari giovani - ha detto ancora il vescovo dall’altare - se non non abbiamo saputo insegnarvi l’arte di vivere, toglieteci la paternità. Non abbiamo diritto di chiamarvi figli».
Aiello ha poi fatto un passaggio molto forte sugli idoli dei giovanissimi, come quello di Gomorra. «Carissimi giovani, Gomorra non è un idolo! Sono solo delle rappresentazioni con il fascino della violenza, delle gang. Ma questo si chiama guerra. Un mostro. Quella di oggi è la morte di un vostro amico, un coetaneo, è la morte di tanti sogni irrealizzabili. Non svendete la vostra giovinezza al primo lucignolo».
Se potesse parlare Roberto direbbe ai giovani: gettate vie le armi. A Mercogliano si respira aria tesissima -ha aggiunto il vescovo - perché si temono controffensive. Sarebbe un modo per non onorare questa morte. Roberto avrebbe detto: abbiamo sbagliato tutti. La felicità è a portata di mano.
E poi Aiello si riferisce alle istituzioni, agli enti che possano creare aggregazione e interessi per i giovani ed infine si rivolge a Roberto: accogli a aiuta i tuoi genitori».
Alla fine della cerimonia toccante anche il messaggio degli amici di Roberto: “Ci mancano le tue bembate… però ora sarai il nostro supereroe”. Il sindaco di Mercogliano, Vittorio D’Alessio, inoltre ha promesso di voler onorare Roberto con iniziative nel segno della legalità.
Il feretro è uscito dalla chiesa accompagnato da un forte e lunghissimo applauso e palloncini bianchi fatti volare in cielo.