Pestaggio nel carcere, resta sottoposto alla misura degli arresti domiciliari l’agente penitenziario G.I. di Mercogliano. Rigettato il ricorso discusso dal difensore Gaetano Aufiero dinanzi al tribunale del Riesame. L’avvocato aveva chiesto l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare per il suo assistito accusato di lesioni e falso ideologico. Intanto preannuncia di attendere le motivazioni per presentare ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione. Domani sarà la volta del secondo agente penitenziario coinvolto nell’inchiesta sul pestaggio, L. P. di Visciano e difeso dall’avvocato Gennaro Santorelli.
Le accuse
I tre agenti penitenziari sono accusati di falso ideologico e lesioni aggravate per non aver fatto nulla per impedire l’aggressione e per aver riportato nella relazione da consegnare al comandante di sezione, una ricostruzione dei fatti completamente diversa dalla realtà e lacunosa. Circostanza che insospettì il comandante di sezione che andò subito a verificare le immagini delle telecamere di videosorveglianza. Ma ad incastrare i tre alle proprie responsabilità è stata la denuncia presentata dalla vittima del brutale pestaggio subito da altri detenuti nel carcere di Bellizzi Irpino, con la complicità degli agenti penitenziari.
Gli altri indagati
Gli altri indagati, i detenuti ritenuti i responsabili dell’aggressione, sono L. V. di Pago del Vallo di Lauro considerato dagli inquirenti vicino al clan Sangermano, G.M., G. R. e A. S., tutti e tre di Napoli detenuti per altre cause. Dalle intercettazioni captate dagli inquirenti è emerso – ad avviso del gip Fabrizio Ciccone, che ha firmato le misure cautelari - «l’intimo rapporto confidenziale intrattenuto dai tre pubblici ufficiali con i detenuti autori del pestaggio e la piena condivisione ed approvazione delle finalità dello stesso, a dimostrazione quasi di una loro diretta compenetrazione con l’ambiente criminale nella quale è maturata la brutale aggressione». Inoltre dalle intercettazioni captate tra uno dei tre agenti arrestati e un altro che li aveva invitati a desistere, facendoli riflettere che era una cosa tra detenuti emerge la piena condivisione del gesto.