Nuovi scenari si sono aperti stamattina dopo la testimonianza del meccanico che si occupò della manutenzione del bus precipitato dal viadotto Acqualonga dell’A16, il 28 luglio 2013. Si tratta di uno degli incidenti stradali più gravi accaduti in Italia, che provocò 40 morti e 8 feriti.
Il teste, dinanzi alla seconda sezione della Corte di Appello di Napoli presieduta dal giudice Domenica Miele, ha totalmente sconfessato le dichiarazioni del suo titolare, ascoltato in aula durante il processo di primo grado, che aveva all’epoca riferito che di lui non avesse ricordo perché in officina ci aveva lavorato solo per poco tempo.
Il meccanico questa mattina ha dichiarato alla corte di aver lavorato all’officina per ben sei anni e di ricordare che Gennaro Lametta, proprietario del bus, periodicamente portava il veicolo a fare manutenzione ordinaria. Addirittura, il teste, di cui fino a qualche tempo fa era conosciuto solo il nome di battesimo - Pierino - ricorda che Lametta portò il bus a fare il tagliando completo prima dell’incidente. In quell’occasione il pullman restò in officina per alcuni giorni.
Dalla registrazione depositata dal legale di Lametta – Sergio Pisani - che nelle scorse udienze era stata acquisita dai giudici, si sentiva chiaramente una voce che affermava che “i perni erano stati controllati”. In aula Pierino, al quale è stata sottoposta la registrazione, ha riconosciuto la voce come quella del titolare.
Per la prossima udienza, fissata per il 9 giugno, è prevista una dichiarazione spontanea di Giovanni Castellucci, l’ex Ad di Autostrade per l’Italia, assolto in primo grado e imputato nuovamente in Appello a seguito del ricorso presentato dalla Procura di Avellino.
Il Tribunale di primo grado di Avellino, infatti, attribuì le maggiori responsabilità della strage al proprietario del bus Gennaro Lametta, condannato a 12 anni di reclusione e alla funzionaria della Motorizzazione Civile di Napoli Antonietta Ceriola, condannata a 9 anni. Lametta affidò al fratello Ciro un pullman fatiscente, privo dei documenti di revisione, e assolutamente non in grado di circolare in sicurezza.
Condannati anche i dirigenti di Autostrade per l’Italia Nicola Spadavecchia e Gianluca De Franceschi, a 6 anni di reclusione, Michele Renzi, Paolo Berti, Bruno Gerardi e Gianni Marrone, a 5 anni.
La strage poteva essere evitata. Il perito Felice Giuliani, che fu ascoltato in primo grado dal giudice monocratico del Tribunale di Avellino Luigi Buono, attraverso una propria valutazione, aveva riferito che l’impatto del bus sulle barriere laterali Acqualonga fu di striscio ed a una velocità più bassa (89 km/h) di quella stimata (92 km/h). Sostanzialmente, secondo Giuliani, l’incidente poteva essere evitato perché le barriere avrebbero potuto reggere il colpo se i tirafondi non fossero stati corrosi dal sale che, in quella zona autostradale, viene utilizzato in inverno per fronteggiare neve e ghiaccio. In breve, se l’infrastruttura fosse stata sottoposta a manutenzione adeguata e periodica, probabilmente il bus avrebbe potuto evitare la caduta.